Venerdì la decisione, il premier si sarebbe convinto. Di Maio abbozzerà: in cambio proverà a difendere il ministro Toninelli dagli attacchi della Lega. Solo un paio di mesi fa aveva spiegato di avere forti «dubbi e perplessità» e, dopo aver consultato il dossier su costi e benefici, aveva detto che si sarebbe «battuto per non far cantierare il percorso della Tav». Ma le cose cambiano, la realtà incalza, l’Europa preme, la Lega insiste e così il premier Giuseppe Conte è pronto a dare il via libera al cantiere più odiato dai 5 Stelle, l’Alta Velocità Torino-Lione. Una decisione clamorosa, un dietrofront inimmaginabile fino a qualche tempo fa, che diventa un atto quasi dovuto. Si potevano perdere i finanziamenti europei o si poteva perdere un po’ la faccia (i 5 Stelle), e si sta decidendo per la seconda opzione, con ripercussioni difficili da immaginare nelle loro dimensioni, ma facili da descrivere a grandi linee: un Movimento spaccato, con gli storici esponenti no Tav (come Alberto Airola) furibondi e in partenza, rivolte possibili locali e di centri sociali, la giunta Appendino che scricchiola e il possibile Aventino di due personaggi di primo piano tra i 5 Stelle.
Quel Grillo che l’aveva definita «una cazzata», ne aveva cantato il de profundis prematuro («è morta») e la considerava una «presa in giro». E quell’Alessandro Di Battista che, dopo averlo definito «un buco inutile», aveva invitato Salvini «a non rompere». Gli scenari possibili, di fronte all’Agenzia esecutiva per l’innovazione e le reti (Ibnea), alla quale bisogna dare una risposta entro venerdì, sono solo due: accettare a testa bassa un’opera che metà del governo non voleva o provare un disperato tentativo di rinvio. Con il rischio di perdere i finanziamenti.
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dall'articolo di Marco Galluzzo e Alessandro Trocino per Corriere.it