Nelle giornate di lunedì e martedì i mezzi di soccorso hanno atteso anche sei ore prima di poter lasciare il malato che avevano a bordo, oppure dirottate in strutture di altre province, pieni anche quelli. "Così però salta un anello e si blocca tutto", spiegano i volontari. E i tempi si allungano per tutte le chiamate, non solo quelle per Coronavirus. Ma l'allarme era stato lanciato settimane fa: "Avrebbero dovuto coglierlo". Le testimonianze dagli ospedali: "Dobbiamo scegliere, si ricoverano solo i più giovani". Sono le 14 di martedì pomeriggio e in tutto il territorio di Ancona non c’è un’ambulanza disponibile per le urgenze. Tutte sono in coda davanti ai vari pronto soccorso della Regione: non possono “scaricare” il paziente, né accettare in coda altre chiamate del 118 perché il tempo di attesa è incerto. Tre, quattro o sei ore, nessuno può saperlo. Il reparto di urgenza di Torrette è saturo da oltre due giorni, tanto che lunedì sera ha dovuto chiudere i battenti per la prima volta dall’inizio della pandemia per “alleggerire” il carico sulla divisione. E non va meglio in altri della Regione. Il sistema sanitario è a “un passo dal collasso” con le terapie intensive ormai piene (103 i ricoverati secondo l’ultimo bollettino di cui 23 a Torrette) e gli altri reparti altrettanto congestionati, con 755 posti letto occupati in tutta la Regione, di cui 124 nei pronto soccorso.
Ad occupare prima le barelle delle ambulanze e poi i posti letto in reparto, però, oggi non ci sono più gli “anziani”. “Prima l’età media era sopra i 70 anni mentre adesso è scesa di almeno vent’anni. In reparto arrivano tantissimi 40-50enni, molti senza gravi patologie pregresse eppure con i polmoni compromessi”, spiega al Fattoquotidiano.it il professor Andrea Giacometti, primario della clinica di malattie infettive di Torrette. E spesso l’abbassamento dell’età porta a fare scelte, come ci spiega un’infermiera dell’ospedale: “È triste dirlo, ma con i posti che finiscono, se devi scegliere chi ricoverare, ricoveri il più giovane“. Spaventano soprattutto le varianti. Nella sola provincia di Ancona “quasi il 100% dei tamponi che processiamo presenta l’impronta della variante ‘inglese’, di quella originaria, la cinese, ne vediamo soltanto casi sparuti”, specifica al Fatto.it Stefano Menzo, primario della Virologia dell’ospedale di Torrette che processa circa un migliaio di tamponi al giorno. Ed è notizia di due giorni fa il primo caso di variante sudafricana sequenziato in Regione: una donna residente ad Ascoli Piceno e ricoverata in rianimazione a San Benedetto del Tronto. La situazione è drammatica tanto che nonostante il colore “arancione” assegnato dall’Iss nell’ultimo monitoraggio settimanale, il presidente Francesco Acquaroli, è comunque corso ai ripari, prima mettendo in “zona rossa” tutta la provincia di Ancona, poi estendendo le misure anche su Macerata e, da mercoledì, su Pesaro e Urbino e Fermo. “La situazione esplosiva” degli ospedali, però, era già cominciata almeno dalla seconda settimana di febbraio, secondo medici e professionisti. L’evidenza è nelle attese e nel “pienone” dei pronto soccorso di questi ultimi giorni.
Torrette, il Covid Hospital e gli altri: gli ospedali al collasso – Marco, nome di fantasia, è un volontario di un’associazione del territorio che opera sulle ambulanze. Lunedì pomeriggio ha atteso dalle 15 alle 21 prima di poter “sbarellare” (questo il termine tecnico quando si svuota un mezzo di soccorso) il suo paziente Covid. Appena in tempo prima che il pronto soccorso dell’ospedale regionale di Torrette chiudesse i battenti. Attorno alle 20 il capodipartimento dell’emergenza dell’azienda Ospedali Riuniti, Aldo Salvi, ha firmato la disposizione che intimava alla centrale operativa del 118 di non inviare più pazienti Covid nel reparto. Una scelta difficile per il dottor Salvi, una vita passata ad accogliere ed ora costretto a respingere. Ma la decisione non poteva essere diversa con i mezzi di soccorso in attesa da ore, come quello guidato da Marco. Fuori i pazienti adagiati su una lettiga caricata in ambulanza, dentro il caos in un’area Covid presa d’assalto da settimane con il personale medico-infermieristico a farsi in quattro per sopperire alle carenze strutturali.
Così per tutta la serata di lunedì, tutte le ambulanze delle pubbliche assistenze dell’anconetano sono state dirottate a Civitanova, altrettanto in difficoltà: “Addossarci tutti quei servizi ha finito col mettere in difficoltà noi – rivela al Fatto.it la dirigente dell’Area Vasta 3 dell’Asur, quella cioè della provincia di Macerata, Daniela Corsi, fino a pochi mesi fa responsabile del Covid Hospital di Civitanova – L’ospedale di Civitanova (quello civile, ndr.) si è saturato subito ed altre ambulanze sono state dirottate su Macerata. Le aree Covid sono piene, non possiamo permetterci il lusso di accogliere altri pazienti”. Anche lo stesso Covid Hospital al momento è saturo: “Ci sarebbe l’ultimo modulo da attivare, il 6°, ma non abbiamo personale. Se qualcuno, da altre province, lo vuole allestire e utilizzare si accomodi pure, portandosi però dietro il personale, noi non ne abbiamo più”, spiega ancora Corsi.
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dall'articolo di Pierfrancesco Curzi e Martina Milone per IlFattoQuotidiano.it