Per il Quirinale spetta al premier scegliersi i collaboratori. Il presidente attende l’incaricato da lunedì con un progetto preciso. Alle 9,30 di stamane, nel salotto presidenziale, Sergio Mattarella conferirà a Giuseppe Conte l’incarico di mettere in piedi il suo secondo governo. Ma non sarà una semplice stretta di mano e via. Al Quirinale si prevede un colloquio non breve né banale. Il presidente illustrerà all’ex “Avvocato del popolo” tutto quanto si attende questa volta da lui. Gli dirà, o farà rispettosamente intendere, come tante cose siano cambiate rispetto a 14 mesi fa quando Conte era stato catapultato nel ruolo più impegnativo della politica senza la minima esperienza nel ramo, oltretutto stretto come un vaso di coccio tra due ingombranti vice.
Da allora l’uomo è cresciuto, si è fatto rispettare anche fuori dell’Italia, per cui è giusto che provi ad esercitare la sua leadership caricandosi di onori ed oneri. Incominciando da subito, mettendo rapidamente in gioco la propria autorevolezza già nei prossimi giorni sui vari punti in sospeso del nuovo patto di governo.
Il primo terreno su cui l’Incaricato dovrà cimentarsi, segnalano al Colle, sarà il programma. Tra Pd e M5S ci sono stati già incontri tra delegazioni, conclusi ieri mattina, che hanno permesso di constatare come non vi siano dissensi insormontabili sulle cose da fare. Senza il buon esito di questa verifica preventiva, Mattarella non avrebbe mai dato un via libera al tentativo di governo poiché ha sempre posto come condizione che vi fosse un progetto di respiro per i prossimi anni. Il progetto potenzialmente pare ci sia, ma è allo stadio embrionale e toccherà a Conte dettagliarlo in maniera puntuale nei vari campi.
La mina Rousseau
Mattarella dirà poi, sempre secondo chi lo frequenta, che sulla ripartizione dei ministeri la stella polare non potrà che essere l’articolo 92 della Costituzione: spetta al premier scegliersi i collaboratori (d’intesa col capo dello Stato che li nomina). Dunque non subisca diktat o ricatti sulla squadra di governo. In particolare trovi lui la poltrona giusta per Luigi Di Maio, il quale insiste per tenersi il ruolo di vice-premier ma il Pd non vuole e punta i piedi nel nome della «discontinuità». E’ un buon segnale, agli occhi di Mattarella, che né il Pd né i Cinque stelle gliene abbiano fatto cenno durante le consultazioni: significa che si fidano del presidente incaricato e della sua abilità a districarsi. Al Quirinale si scommette che Conte troverà gli argomenti giusti pure per sminare il terreno dalla votazione degli iscritti grillini sulla piattaforma Rousseau.
Qualcuno ci ha visto non solo una minaccia per il presidente incaricato ma anche una sfida aperta ai poteri del Colle, un tentativo di mantenere le mani libere rispetto all’alleanza di governo col Pd. In realtà, durante le consultazioni di ieri, Di Maio ha fugato molti dei dubbi circa le sue intenzioni. Nei pochi minuti di colloquio con Mattarella, ha dato l’impressione di essere perfino più convinto e determinato dei Dem, che viceversa sono sembrati meno entusiasti della nuova avventura.
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dall'articolo di UGO MAGRI per LaStampa.it