L’ex presidente del Consiglio assicura: “Resta pieno sostegno al governo”. Il partito di Zingaretti ha provato invano fino alla fine a evitare lo strappo. «Lascio il Pd per un progetto tutto nuovo», parola di Matteo Renzi. «Pieno sostegno al governo», dice l’ex premier, dopo aver garantito a Conte che non intende far crollare l’esecutivo. Anche perché ha bisogno di tempo per organizzare e far conoscere la sua nuova creatura. Per far girare il verbo di un movimento, che già conta su finanziamenti generosi (da donatori come Daniele Ferrero, numero uno di Venchi o il finanziare Davide Serra): a fine agosto saliti a quota mezzo milione di euro.
Con un altro milione e mezzo l’anno atteso dai fondi ai gruppi parlamentari di Camera e al sottogruppo del Senato. Serviranno a far marciare una macchina che nelle ambizioni guarda lontano. Puntando ad attrarre una vasta fetta di elettorato, perché «c’è uno spazio politico grande, non coperto dal Pd, ormai schiacciato a sinistra», spiega Ettore Rosato, «e non coperto da un centrodestra ormai a trazione Salvini-Meloni».
Da oggi l’ex segretario non è più nel Pd, esce dal gruppo del Senato con una decina di fedelissimi e dà vita ad un nuovo gruppo parlamentare alla Camera. Con venti deputati blindati, secondo i suoi. Non proprio secondo i Dem, che raccontano di trattative serrate fino all’ultimo. Anche perché molti fedelissimi non seguiranno l’ex leader, temendo un’uscita al buio. E restando nel Pd sotto l’ala della corrente di Guerini e Lotti.
“Ripensateci,siete in tempo”,
In questi giorni Orlando e Franceschini hanno contattato i renziani in odor di ribellione per provare a trattenerli. «Ci sono ancora spazi per parlarne?», ha scritto Orlando a molti di loro e lo stesso Franceschini. Colloqui via whatsapp, alcuni sul filo del risentimento sulle scelte effettuate. Un tentativo voluto da Zingaretti, per poter dire di essere con la coscienza a posto. «Non c’è una scelta consensuale, nessuno gli ha detto vai», dicono al Nazareno. «Si evita di litigare, ma è una sua scelta, che il popolo del Pd non approva e non gradisce». A Zingaretti, che ha girato le feste dell’Unità, molti hanno detto «sei stato bravo a tenere il partito unito» e ora non capiscono i motivi di questa scissione. Proprio mentre parte il governo. E il segretario, come tutti, è preoccupato. Al Nazareno non si brinda, anche se molti ritengono che «da fuori Renzi potrà ricattare meno il Pd. Condizionerà il governo, ma lo avrebbe fatto lo stesso, da fuori si siederà al tavolo ed è Conte il più preoccupato».
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dall'articolo di CARLO BERTINI per LaStampa.it