Di che cosa parliamo quando parliamo di scuola? Di supplenti, concorsi per insegnanti, soffitti che cadono, episodi di bullismo. Questa è la scuola oggi sui giornali. Ma le scuole italiane sono molto di più e molto altro: da quelle di periferia che lottano per salvare i propri alunni dalla strada ai blasonati licei del centro, passando per i gioiellini di provincia che raggiungono livelli di eccellenza assoluta. Il fatto è che in molte zone d’Italia l’istituto o la classe in cui capiti fa la differenza, una grande differenza per il futuro dei ragazzi. Si discute delle classi pollaio ma ci si dimentica che esistono ancora le classi ghetto, come denunciato nei mesi scorsi dal rapporto dell’Invalsi sulle competenze degli studenti.
Per questo 7 ha deciso di andare dentro le scuole: per raccontare che cosa succede davvero fra una campanella e l’altra. Per cercare di dare voce a quello che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiamato il nostro «patrimonio comune».
Dieci puntate da Nord a Sud
In 10 puntate andremo da Morbegno a Caivano, da Nord a Sud e da Est a Ovest, per scoprire che cosa fanno gli 8 milioni di studenti e i loro insegnanti (un milione circa), in un sistema che tra slanci e problemi giganteschi forma le giovani generazioni. Ci faremo dire dai protagonisti e dagli esperti che cosa si può fare per migliorare: dal bullismo alla matematica, materia che ancora non si riesce ad insegnare se 4 studenti su 10 (con punte del 60 per cento al Sud) escono dalle superiori con competenze da terza media. Dal digitale, spesso espulso dalle classi insieme al telefonino, all’inglese, dove i ragazzi arrancano non tanto sulla grammatica quanto sull’ascolto e sulla fluidità nel parlare. Racconteremo le scuole in carcere e in ospedale, quelle grandi e piccolissime, gli insegnanti che sono più di una famiglia e le scuole dove cambiano come se fosse una giostra.
Il nostro viaggio
In queste settimane, come avviene ciclicamente all’inizio dell’anno, si torna a parlare di investire nella scuola, futuro del nostro Paese. Ma la discussione si riduce immancabilmente a una manciata di fondi che servono per coprire tardivamente gli aumenti salariali degli insegnanti: istanza sacrosanta ma non sufficiente a risolvere problemi decennali come l’abbandono scolastico, che negli ultimi due anni è cresciuto fino al 14,5 per cento, o a colmare il ritardo nella definizione di curriculum adeguati al nuovo secolo. Ancora una volta si rischia di mancare l’occasione per discutere di quale sia la strada giusta per assicurare ai nostri ragazzi i mezzi e i docenti più adatti ad affrontare l’enorme sfida educativa lanciata dall’ultimo rapporto Invalsi: un 14enne su tre non capisce un testo in italiano di media difficoltà, e in matematica va anche peggio. Di fronte a questa emergenza, che richiederebbe davvero l’impegno di tutte le istituzioni per non lasciare gli insegnanti a combattere da soli, si finisce invece per discutere di sanatorie e di precari, anche per non mettersi di traverso ai sindacati, finendo così per schierare giovani laureati e supplenti di lungo corso uno contro l’altro.
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dall'articolo di Gianna Fregonara e Orsola Riva per Corriere.it/7