mascherine FP2 1200 330x173Ormai ci osserviamo con la stessa attenzione di quando indossiamo un capo all’ultima moda. Mascherine chirurgiche verdine, azzurrine, bianche con o senza valvola. Queste così rare e invidiate da desiderare, se non si rischiasse un contagio concreto, di strapparle via al fortunato di turno. A complicare la situazione ci mancavano poi quelle fai da te ammesse dal Governatore Attilio Fontana. Una sciarpa, un foulard, magari griffato, vanno bene: meglio che niente. O no? L’informazione ufficiale sul tema non ha certo aiutato. Gli esperti si contraddicono, visto he inizialmente ci dicevano che le mascherine servivano solo agli addetti ai lavori o a chi è già stato contagiato. E anche le linee guida dell’Oms non aiutano più di tanto: “Se sei in buona salute, devi indossare una maschera solo se ti stai prendendo cura di una persona con sospetta infezione Covid-19”. Perfetto.   Ma come possiamo essere sicuri di non avere contratto il coronavirus? E se fossimo asintomatici? “Le mascherine chirurgiche garantiscono una buona barriera per ridurre le possibilità di trasmissione della malattia da un malato a un sano, filtrando il respiro, la tosse, gli starnuti”, prova a chiarire il dottor Fortunato Paolo D’Ancona, ricercatore dell’Istituto superiore di sanità.

“In zone a elevata circolazione di virus, è ragionevole l’uso della mascherina negli ambienti chiusi non areati dove non è facile rispettare una distanza fisica di almeno un metro, come in un ambiente lavorativo. L’uso della mascherina non deve però essere l’unico presidio: la distanza fisica è sempre importante come anche l’attenta igiene delle mani”. E allora perché tutta questa svariata gamma di tipologie e sigle di identificazione? A quali circostanze ed esigenze corrispondono? “Partiamo sempre dalle mascherine chirurgiche. Queste sono dispositivi medici utilizzati in campo sanitario e, in questo contesto di pandemia, come dispositivo di protezione sia per proteggere chi le indossa (per esempio, i sanitari assistenziali in contesti normali senza produzione di aerosol), sia chi è attorno alla persona che indossa la mascherina (per limitare la diffusione del virus di un malato di Covid-19). Hanno un effetto barriera nei confronti delle goccioline (droplets). Le mascherine chirurgiche, essendo di uso sanitario, sono diverse dai dispositivi FFP1 che sono rivolte a un uso semi professionale per le polveri ma non, di norma, in uso sanitario. La loro capacità filtrante è del 95-98% su batteri e particelle di piccole dimensioni, come le goccioline, di circa 10 micron o più”.   

A questo punto sorge un altro problema, quello di indossarle correttamente. Guardandoci un po’ intorno sembra che ognuno lo interpreti a modo suo. “Devono aderire bene sul viso coprendo naso, bocca e mento”, prosegue D’Ancona. “Vanno sempre prese per l’elastico (o per il nastro) perché la parte esterna potrebbe essere contaminata. Di norma sono monouso e vanno cambiate quando diventano umide (dopo un uso di alcune ore) o sono danneggiate o sporche. Nell’uso quotidiano normale (quindi non in ambito professionale sanitario), se riposte perché usate per pochi minuti e senza evidente rischio che siano state contaminate, conviene piegarle in due in modo che il lato esterno venga piegato su se stesso”.

E poi ci sono le mascherine contraddistinte da alcune sigle, con o senza le valvole. Che presentano alcune differenze. “I filtranti facciali (detti anche respiratori) sono dispositivi di protezione individuale; ne esistono 3 tipi: FFP1, FFP2 (o N95), FFP3 (o N99) in base alla loro capacità di filtrazione. La filtrazione di particelle dell’ordine di pochi micron è garantita dalle FFP1/ FFP2 /FFP3 rispettivamente come bassa > 80%, media > 94% e alta > 99%. La loro capacità di filtrare dipende anche dalla capacità di aderire al volto, impedendo quindi che aerosol o aria possa entrare nel naso o nella bocca senza passare attraverso il filtro.

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dall'articolo di IlFattoQuotidiano.it 

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