I numeri dei positivi di ieri dipendono dal gran numero di tamponi analizzati in un solo giorno. E ci dicono che il Coronavirus sta continuando a circolare: se la strategia delle tre T (testare,tracciare, trattare) fosse realmente implementata i dati tenderebbero a lievitare ovunque. Ieri i numeri della Lombardia sul Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 hanno certificato che la regione ha i quattro quinti dei positivi dell’intera Italia. Nella sola Lombardia il Covid ha causato più decessi dell’epidemia di Ebola del 2014 in Guinea, Liberia e Sierra Leone. La situazione si riverbera sul fronte estero, visto che la Grecia, ad esempio, ha deciso di introdurre limitazioni per i cittadini provenienti da Lombardia, Piemonte e Veneto, mentre l’Austria terrà confini ancora chiusi con l’Italia. Ma perché i contagi risalgono in Lombardia e cosa non sta funzionando?
La prima osservazione da fare è che ieri sono stati analizzati quasi ventimila tamponi e anche per questo i contagi hanno toccato quota 402 mentre il giorno prima, quando erano 3800 di cui soltanto duemila diagnostici, erano 84. La regione più colpita dalla pandemia ieri ha avuto l’80% del totale delle nuove positività in Italia, che sono state 518. Era dal 23 maggio che non si registrava un numero tanto alto. I numeri riaccendono la polemica politica. «I dati della Lombardia ci dicono che i contagi sono ripartiti in modo preoccupante — ha detto il vice segretario Pd Andrea Orlando — Vorrei stimolare il ministro della Sanità perché c’è da andare là. Qualcosa non sta funzionando». Spiega oggi Repubblica che intanto nel resto del Paese intanto l’epidemia si sta ritirando quasi del tutto.
In dieci regioni e nelle due province autonome di Trento e Bolzano grazie ai test sono stati diagnosticati meno di 2 nuovi casi. Altre quattro sono comunque rimaste sotto i 10. I decessi ieri sono stati 85, dei quali 21 in Lombardia. Il totale arriva così a 33.774. Le persone colpite invece sono in tutto 234.531. Ci sono 316 ricoverati in terapia intensiva, 22 in meno rispetto a giovedì. Subito dopo l’estate, anche per rendere meno pesante un eventuale ritorno del Covid, sarà necessario estendere il più possibile la vaccinazione antiinflunzale. Ieri il ministero ha pubblicato l’attesa circolare nella quale si invitano le regioni ad acquistare rapidamente i vaccini. L’idea è far partire le campagne oltre un mese prima del solito, cioè a inizio ottobre.
In più, la Fondazione Gimbe in un comunicato un paio di giorni fa ha spiegato cosa sta succedendo con i tamponi nelle regioni: “Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe- afferma il presidente Nino Cartabellotta- conferma nella settimana 28 maggio-3 giugno sia la costante riduzione del carico su ospedali e terapie intensive, sia l’ulteriore rallentamento di contagi e decessi”. In sintesi: Casi totali: +2.697 (+1,2%) Decessi: +529 (+1,6%) Ricoverati con sintomi: -1.987 (-25,7%) Terapia intensiva: -152 (-30,1%) “In occasione dell’avvio della fase 3- continua il Presidente- abbiamo effettuato un’analisi complessiva su dati ufficiali, strumenti di monitoraggio e livello di rischio per valutare se le azioni messe in campo da Governo e Regioni sono adeguati a fronteggiare i rischi di un’eventuale risalita del contagio”. Nelle ultime 2 settimane, peraltro, “la percentuale dei tamponi diagnostici non solo non è stata potenziata, ma si è ridotta mediamente del 6%, seppur in misura variabile tra le Regioni. Questo dato è influenzato dall’avvio in alcune Regioni dello screening con test sierologici, di cui tuttavia non esiste alcun monitoraggio nazionale, né una policy univoca tra le Regioni”.
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dall'articolo di Alessandro D'Amato per NextQuotidiano.it