“Ci sono molti genitori che mandano i figli a scuola con febbre, mal di pancia e mal di gola, quindi ben vengano i termoscanner a scuola”, dice Katia, una mamma di Roma, a proposito della polemica di queste ore su chi debba misurare la febbre agli studenti prima che accedano agli istituti. Le linee guida nazionali sono chiare nel disporre che vada misurata a casa, ma alcune regioni, come Campania, Piemonte e Lombardia, stanno optando per la rilevazione all’ingresso delle scuole. Questa scelta è nata sulla scorta delle feroci proteste di mamme e papà, che, appunto, guardano con sospetto alle altre famiglie, ritenute colpevoli di non dire la verità circa la salute dei propri figli, tacendo eventuali sintomi, per evitare che i piccoli di casa perdano le lezioni. HuffPost ne ha parlato con alcuni genitori su Stappamamma, gruppo Facebook che conta più di 26.000 iscritti, raccogliendo una posizione pressoché unanime: “La misurazione con lo scanner a scuola è più oggettiva e restituisce un dato più uniforme, visto che è per tutti misurata allo stesso modo e con lo stesso dispositivo”, spiega Rossella. Poi qualche posizione più dura, come quella di Roberta: “Nel mondo che vorrei, sarei per farlo a casa, ma siccome conosco parecchi idioti che mandano i figli a scuola con febbre, malattie esantematiche e chi ne ha più ne metta…”.
Insomma, il punto è chiaro, peccato tuttavia che Luca Richeldi, direttore dell’Uoc di Pneumologia del Policlinico Gemelli Irccs di Roma e membro del Comitato tecnico scientifico (Cts) per l’emergenza coronavirus, sia conconvinto che “dovrebbero farlo i genitori ogni mattina”. Il motivo? Sono ben tre. “Per prima cosa, di base questo si dovrebbe fare sempre, così da poter intercettare un eventuale malessere”, dice ad Adnkronos. “Inoltre il rilevamento della temperatura a casa fa sì che il bambino febbricitante non entri in contatto contro nessun altro, compagni, insegnanti, altri adulti, evitando anche il rischio di assembramenti al momento della misurazione con i termoscanner”. Infine, dotare di termoscanner tutte le scuole comporterebbe una spesa significativa “che è evitabile”.
Ma Roberta insiste sulle bugie di madri e padri: “Ho visto bambini andare a scuola con la varicella conclamata, con febbroni che avrebbero steso un gigante e con gli occhi chiusi dalla congiuntivite, quindi io non mi fido di alcuni genitori”. Ma come mai accadono cose del genere? Ci risponde Barbara, che ogni giorno si divide tra lavoro e cura dei suoi ragazzi: “Io non li porto a scuola con la febbre, ma sono certa che alcune famiglie lo facciano perché il lavoro non permette a tutti i genitori di assentarsi con un figlio malato”. Prosegue nel ragionamento Miriam: “Io faccio l’organizzatrice di eventi a partita Iva, se mia figlia non va a scuola io non lavoro e non guadagno”. Dunque una giustificazione per ingannare le altre famiglie mandando a lezione i figli con la febbre o altro? “C’era un tempo in cui la fiducia tra genitori e docenti e all’interno del gruppo dei genitori era tale da tradursi in una sana complicità che permetteva ai bambini di poter contare su una solida rete di mamme e papà collaborativi”, spiega Carlo, un papà cinquantenne con un figlio alle elementari. “Ma ora prevale la furbizia, l’inganno, una competitività talmente esasperata da diventare un meccanismo mors tua vita mea”.
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dall'articolo di Maria Elena Capitanio per HuffingtonPost.it