Altro che unità nazionale: nell’estate della variante Delta, a pochi giorni dall’inizio del semestre bianco, la maggioranza di governo è più spaccato che mai. Su tutto. I nodi principali che il governo deve sbrigliare entro agosto, dal rientro a scuola alla riforma della giustizia, accendono gli animi dei partiti, tra richieste contrapposte, veti incrociati, incontri e slittamenti. Solo ieri sera si è aperto qualche spiraglio sulla riforma Cartabia dopo che la Lega, due giorni fa, aveva messo i bastoni tra le ruote di via Arenula e comunicato la sua perplessità sulla richiesta del M5S, accolta, di “proteggere” i reati per mafia e terrorismo. Dopo l’ennesimo confronto con il premier Draghi, Matteo Salvini ha fatto sapere che è “giusto non mandare in prescrizione i processi di mafia”, ma che per la Lega “è altrettanto doveroso prevedere che anche per i reati di violenza sessuale e traffico di droga i processi vadano fino in fondo”. E oggi il segretario del Carroccio spenderà la giornata a Roma per continuare a mediare e chiudere sulla riforma. Ma la strada è tutt’altro che in discesa, con Giuseppe Conte che batte su un punto: un sistema di giustizia efficiente. Quindi la modifica del testo, altrimenti i numeri dei grillini peseranno. L’accordo tra i partiti sulla modifiche alla proposta Cartabia sulla riforma del processo penale non c’è, e la prospettiva che possa essere raggiunto in tempo per farla approvare dalla Camera prima della pausa estiva è lontana.
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“La sola cosa che fa è copiare il nostro programma, però quello del 2016”. Questo il pensiero del vicesindaco e assessore alla mobilità di Roma, Pietro Calabrese, in merito al piano di Roberto Gualtieri per la mobilità. Gualtieri annuncia il suo piano trasporti per Roma. Al primo posto c’è lo stop alla funivia Battistini-Casalotti che, però, è già stata finanziata dal Governo… “Questo è il candidato sindaco Gualtieri: distruggere progetti con iter avviati da anni per mera campagna elettorale. La solita storia ad ogni cambio di amministrazione, a danno dei cittadini. La sua è una proposta follemente ideologica, priva di qualsiasi legittimità tecnica. La funivia risponde a precise analisi trasportistiche tanto da aver già ottenuto il finanziamento vincolato dal ministero delle Infrastrutture. Vorrei ricordare al candidato dem che un piano trasporti dettagliato per la Capitale esiste già: lo abbiamo fatto con la partecipazione dei cittadini, il Pums, adottato dall’Assemblea capitolina nell’agosto 2019”. Al posto della funivia, il dem intende prolungare la metro A. Quest’ultima opera, in realtà, è già prevista dal Pums. Si tratta di due progetti alternativo, come dice Gualtieri? “Il prolungamento che abbiamo previsto per la linea A è integrato alla funivia. Ancora una volta il candidato dem mostra tutta la sua incompetenza. Dovrebbe studiare molto di più, soprattutto gli atti di pianificazione che lo stesso Pd ha approvato in passato. Noi, così come previsto dal Piano Regolatore Generale dal 2003, abbiamo scelto ciò che serve realmente da decenni: prolungare la linea A fino alla stazione della FL3 di Monte Mario, un tracciato che attraversa quartieri con una densità abitativa notevolmente superiore agli ambiti serviti dalla funivia, che ha una domanda di trasporto assolutamente inferiore”.
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Fermiamoci a osservare i fatti: è bastato che i giornali online forzassero una dichiarazione della ministra Dadone (sai che novità quando parlano i 5 Stelle) per mettere in agitazione il piano nobile di Palazzo Chigi, al punto che poco dopo la stessa ministra doveva correggere il tiro, rinviando alla mediazione di Conte ogni decisione su una possibile uscita dei 5S dal governo in caso di approvazione della riforma Cartabia senza sostanziali cambiamenti. Dunque, l’eventuale fuga del Movimento dall’attuale maggioranza è un evidente problema, anche se – nel caso si realizzasse davvero – non basterebbe ad impedire l’approvazione di una legge quadro sulla Giustizia. E se i parlamentari pentastellati se ne andassero all’opposizione sarebbe il liberi tutti, con il via libera non agli emendamenti migliorativi, bensì a quelli peggiorativi della norma. Un assaggio lo si è visto proprio ieri, quando Forza Italia ha tentato di infilare nel testo il depotenziamento dell’abuso d’ufficio, che non c’entra nulla con il progetto della stessa Cartabia. Allo stesso tempo, su tavolo altrettanto importante del Recovery Plan, il girotondino Enrico Costa (già berlusconiano, poi con Alfano, ora con Calenda e domani chissà) ha aperto un nuovo fronte per provare a smontare la legge Severino. Perciò, otterranno anche poco, ma senza i 5 Stelle la riforma della Giustizia diventerebbe un incubo per chi ha un briciolo di valori della legalità, mentre per tutti gli altri sarà una festa.
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Non è l’abbronzatura, è che hanno proprio le facce di bronzo. Prendete l’industriale veneto Franceschi, re delle stamperie, che anni fa si stracciava pubblicamente le vesti perché la sua azienda offriva lavoro, ma nonostante i tanti disoccupati non si trovava chi l’accettasse. Era partita la favoletta dell’Italia terra di fannulloni, che sui giornali e in tv è diventata un mantra da quando c’è il Reddito di cittadinanza. Un investimento contro la povertà senza precedenti, che per la prima volta ha deviato un po’ di aiuti pubblici dalle pance rotonde dei soliti noti a quelle vuote di oltre tre milioni di ignoti. Ecco, ora si scopre che nella stamperia il personale non ci andava perché costretto a turni quasi doppi rispetto al normale, pagato pochi euro l’ora e senza diritti. Condizioni di schiavitù, delle quali dovranno rispondere i dirigenti dell’impresa, ma non il titolare, il quale ovviamente cade dal pero, a suo dire all’oscuro di quanto gli accadeva in casa. Un alibi che ricorda quello dei Benetton quando si scoprì che i vertici di Autostrade non facevano le manutenzioni. E dire che Franceschi, come i Benetton, era tenuto sul palmo di mano dai politici, i primi per i generosi finanziamenti alle fondazioni dei partiti, e il secondo per aver donato ai veneti un gran numero di mascherine, con l’apprezzamento del governatore leghista Zaia subito dopo lo scoppio della pandemia.
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La patologia da cui sono affetti i no vax è sempre esistita in ogni epoca. Basti pensare alle stupidaggini medievali sull’origine delle malattie e l’astrologia per giungere alla figura di Don Rodrigo, che nei Promessi Sposi non crede alla peste finché non se la piglia. Nei nostri tempi c’erano state già avvisaglie con i cretini che negavano l’Hiv e l’Aids, ma solo con il Covid il fenomeno si è manifestato nella sua estensione. Milioni di individui che non vogliono vaccinarsi mettendo a rischio la propria salute (e fin qui chi se ne frega, anzi), ma soprattutto quella degli altri (e qui invece ce ne frega molto). La strategia di questi falsi santoni della negazione, che tra parentesi hanno trovato diritto di cittadinanza proprio grazie ai social, furoreggiano tra la stupidità popolare grazie a dati o truccati o utilizzati male. Prendiamo ad esempio l’ultima fola che gira e cioè che rispetto allo stesso periodo dello scorso anno avremmo più contagiati e più vittime. Dato falso. Bufala. Fake news. Infatti rispetto allo scorso anno, come si può facilmente vedere dai dati ufficiali, abbiamo molti più contagi, ma molti meno ricoveri e vittime grazie proprio ai vaccini.
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Anche la previsione che consente al Parlamento di individuare i criteri di priorità dell'azione penale, per il capo in pectore del M5s, è da modificare: "Conosciamo i rapporti difficili del passato tra politica e magistratura, meglio lasciare l'obbligatorietà". Il leader leghista: "Parliamo con il premier, a noi va bene il testo approvato dal Consiglio dei ministri, ad altri no". Atteso a breve l'esito della mediazione. Ore decisive per la trattativa tra partiti e Governo sulla riforma del processo penale. In via Arenula, al ministero della Giustizia, si è concluso un incontro tra la ministra Marta Cartabia e i capigruppo dei partiti di maggioranza in Commissione Giustizia, con la partecipazione dei sottosegretari Anna Macina (M5s) e Francesco Paolo Sisto (Forza Italia). A quanto riferiscono diversi partecipanti, però, non si è parlato del nodo principale della riforma, ovvero dell’improcedibilità dopo due anni in Appello e uno in Cassazione (salve alcune eccezioni). È stato invece intavolato un esame tecnico degli altri emendamenti presentati dai gruppi, con il parere del governo che, a quanto pare, è contrario su tutti. Si attende che la mediazione sulla prescrizione possa concludersi a breve: “Il tempo stringe, già se ci si arriva domani è tardi”, spiega una fonte parlamentare vicina al dossier. L’arrivo del disegno di legge in Aula alla Camera infatti è previsto tra due giorni, venerdì 30 luglio.
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In commissione Giustizia finisce 25 a 19. Forza Italia perde sull’abuso d’ufficio e sulla modifica della figura del pubblico ufficiale. Contro Pd, M5S, Leu, Costa di Azione. Lupi si astiene. Mentre la ministra Cartabia va di nuovo dal premier Draghi a palazzo Chigi per discutere l’emendamento sulla mafia, la commissione Giustizia della Camera vota e blocca il tentativo di Forza Italia di far passare una norma per aggiustare i processi di Berlusconi. Contro si schierano in 25, Pd, M5S, Leu, Costa di Azione. Maurizio Lupi si astiene. A favore invece tutto il centrodestra, con Fi sia la Lega che FdI. Dal Csm invece il vice presidente David Ermini annuncia che il parere completo sulla riforma chiesto da Cartabia andrà in plenum giovedì mattina, quindi prima che la stessa riforma approdi venerdì in aula alla Camera. Stamattina la sesta commissione lo ha licenziato con un solo voto contrario, quello di Lanzi di Forza Italia.
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L'approfondimento dell’Istituto Superiore di Sanità: dal primo febbraio scorso al 21 luglio sono 423 i decessi di persone positive che avevano effettuato anche il richiamo: l'1,2% del totale delle vittime degli ultimi 6 mesi, che sono 35.776. Fra queste persone, sottolinea l'Iss, "si riscontra un’età media più alta e un numero medio di patologie pregresse maggiori rispetto alla media". Tra le persone che sono morte per Covid in Italia da febbraio ad oggi, quasi 99 su 100 non avevano completato il ciclo vaccinale. Il dato emerge dall’approfondimento contenuto nel report periodico sui decessi dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Dal primo febbraio scorso al 21 luglio sono 423 i decessi di persone positive al Covid che avevano effettuato anche il richiamo: l’1,2% del totale delle vittime degli ultimi 6 mesi, che sono 35.776. Fra queste persone, sottolinea l’Iss, “si riscontra un’età media più alta e un numero medio di patologie pregresse maggiori rispetto alla media”.
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Un lettore scrive a La Notizia: “Draghi fa quello che gli pare, senza ascoltare nessuno. Dicono che è il governo di tutti, ma a me sembra il governo di nessuno”. Credo che la definizione data dal lettore sia molto appropriata: è il governo di nessuno. Ne abbiamo avuta l’ennesima prova la settimana scorsa alla conferenza stampa di Draghi: un ceffone al M5S sulla riforma della Giustizia, e un ceffone alla Lega sul green pass. Insomma, Draghi fa esattamente quello che gli pare. Mascherato da governo di salvezza nazionale, è un governo tecnico o meglio un governo del Palazzo, che fonda la sua potenza sull’impotenza della politica. Draghi avrebbe potuto risparmiarci qualche ministro pescato dai partiti a mo’ di contentino, così non avremmo rivisto le Gelmini, le Stefani, i Brunetta e qualche altro vecchio arnese, come per esempio il capo di Gabinetto di Palazzo Chigi, Antonio Funiciello, uomo alla mano di Renzi, e il sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, che da avvocato di Berlusconi si è trasformato ipso facto in spauracchio dei magistrati. Sarebbe stato più trasparente nominare solo ministri tecnici, come la Cartabia, un fiorellino coltivato con diligenza da Comunione e liberazione, che è la più reazionaria e oscurantista delle congreghe cattoliche. Qualcuno paragona il governo Draghi ai vecchi “monocolore” della Dc. Ma la Dc era sorretta dal 35% (o più) dei voti.
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Da Fassina a Grasso, LeU si schiera dalla parte del Movimento 5 Stelle. Anche Renzi si dice pronto a modificare il testo anche se non lascia capire in quale direzione vorrebbe farlo. Forse è inevitabile: su temi delicati com’è quello della giustizia anche all’interno della maggioranza si finisce con l’avere opinioni e posizioni differenti. Specie se – come in questo caso – stabilire il margine di eventuali modifiche potrebbe ricalibrare le posizioni di potere tra i partiti che compongono la maggioranza stessa. Il fatto stesso che Mario Draghi abbia chiaramente aperto alle modifiche della riforma proposta da Marta Cartabia dopo l’incontro con Giuseppe Conte la dice lunga sul peso specifico che il premier attribuisce al Movimento. Già, perché uno dei più critici alla riforma così come concepita è stato proprio il predecessore di Super Mario. Di fatto, dunque, Conte non solo è il leader del Movimento cinque stelle, ma in questo momento si può dire anche che sia il leader di quella posizione trasversale critica con la riforma così com’è stata inizialmente licenziata dal Consiglio dei ministri.
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Ormai è ufficiale: il M5S ha ritrovato la sua quadra attorno a princìpi ben saldi e, soprattutto, attorno a un leader che detta una linea politica: Giuseppe Conte. E la quadra non poteva che essere trovata attorno al tema della giustizia. Se non ci saranno “miglioramenti” sulla riforma della giustizia, l‘ipotesi di dimissioni dei ministri M5s dal governo Draghi “è una cosa da valutare insieme a Giuseppe Conte”. A dirlo è stata ieri la ministra 5 stelle alle Politiche giovanili Fabiana Dadone intervenendo durante la trasmissione Agorà Estate (leggi l’articolo). “Se è a rischio l’appoggio dei Cinque stelle al governo? Dipende quale sarà l’apertura sulle modifiche tecniche”, ha dichiarato, “l’obiettivo di tutti non è certo garantire le impunità in certi casi, ma velocizzare i processi”. Alle parole della Dadone inevitabilmente sono piovute giù polemiche da parte dei soliti politicanti che hanno fatto finta di non capire: i ministri Cinque stelle prima accettano che il governo ponga la fiducia – questo il senso delle loro parole – e poi minacciano il giorno dopo. In realtà nessuna incoerenza: “La linea – spiega un parlamentare pentastellato – è invece molto chiara: siamo disposti a votare la fiducia ma non a questa riforma. D’altronde sono stati gli stessi Mario Draghi e Marta Cartabia a dire esplicitamente di essere disposti a modificare l’impianto della riforma”.
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Per la Giustizia appurare responsabilità nelle stragi e nelle tragedie è da sempre compito arduo e forse lo sarà sempre di più. Già perché con la riforma del processo penale voluta dalla ministra Marta Cartabia, come ci viene ripetuto da giorni da avvocati e magistrati, il rischio è che procedimenti come quello sulla strage di Rigopiano (leggi l’articolo) o quello del crollo del ponte Morandi (leggi l’articolo) potrebbero finire in un nulla di fatto se, in secondo grado, non si concludessero entro i due anni. Sembra un paradosso eppure è quanto intravedono all’orizzonte le famiglie delle vittime che dopo il danno, potrebbero subire pure la beffa e per questo stanno dando battaglia. SACROSANTO TIMORE. Le modifiche alla prescrizione immaginate dalla riforma Cartabia “rischiano di portare all’estinzione perenne anche di processi complessi e di grande rilevanza come il nostro, questi però non sono processi a ‘ladri di galline’, sono processi che possono elevare la nostra democrazia od affossarla” è quanto si legge nel comunicato pubblicato dal comitato dei parenti delle vittime del ponte Morandi di Genova.
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Andate avanti voi che a me vien da ridere. Dopo aver sentito montagne di fesserie dai giuristi à la carte innamorati della riforma Cartabia, ecco che arrivano le condanne d’Appello agli ex sottosegretari berlusconiani Cosentino e D’Alì (leggi l’articolo), il primo a dieci anni e il secondo a sei, entrambi per concorso esterno in associazione mafiosa. Ai fini costituzionalisti in trincea per abbattere la legge Bonafede, dev’essere sfuggito che per Cosentino il processo di secondo grado è durato quasi 4 anni e 8 mesi, mentre per D’Alì ci sono voluti 3 anni e mezzo. Se fosse in vigore la norma che vuol propinarci la guardasigilli, i due ex parlamentari sarebbero da tempo liberi come l’aria, in quanto dopo due anni senza sentenza in Appello, e appena uno in Cassazione, scatterebbe l’improcedibilità. Dunque liberi tutti. Questa situazione, non proprio un sorpresa per chi segue i fatti giudiziari, è denunciata da poche voci intellettualmente libere, con gli ultimi casi (leggi l’articolo) del Procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho e del capo della Procura di Catanzaro, Gratteri. Parole nette, di fronte alle quali la stessa Cartabia non ha fatto un plissé, continuando a raccontarci la favoletta che la sua riforma non fa sconti a nessuno (leggi l’articolo), anche se casualmente i soliti noti della vecchia politica e degli affari stanno facendo di tutto per farla passare.
Leggi tutto: Chi molla su Bonafede è complice
La prima cittadina riporta una grande vittoria in tribunale. Anche i giudici amministrativi ritengono che per combattere l’emergenza rifiuti bisogna usare gli impianti già presenti in Regione e chiusi prima del tempo. Dopo una lunga battaglia, il Tar del Lazio ha dato ragione alla sindaca Virginia Raggi. Il tribunale amministrativo, con decreto cautelare, ha bocciato la richiesta di sospensiva presentata dal sindaco Comune di Albano, Albano Massimiliano Borelli, contro la riapertura della discarica nel proprio territorio. Stando a quanto sostengono i giudici amministrativi, l’interesse pubblico prevalente è quello che ha portato all’emanazione dell’ordinanza della Città Metropolitana di Roma e quindi l’impianto deve ripartire. Riapertura che dovrà attendere ancora qualche giorno perché, nonostante quanto deciso dalla prima cittadina, questioni burocratiche ne bloccano l’iter.
Leggi tutto: Il Tar dà ragione alla Raggi e boccia la richiesta di sospensiva presentata dal sindaco di Albano....
Siccome mi vedono in televisione, ci sono persone che mi fermano in strada per chiedere consigli sui vaccini. Spiegare che non sono neppure lontanamente un medico non li fa desistere. E come non comprenderli? Dopo aver sentito tutto e il contrario di tutto dalle pop star della virologia, ormai un giudizio vale l’altro, e io sono pur sempre uno che appare in tv. Così se non voglio far nottata, ripeto la solita tiritera: “vogliamo uscire dalla pandemia o convivere a tempo indeterminato con le ondate dei contagi, le restrizioni sanitarie, il rischio delle varianti, i conteggi nelle terapie intensive? Allora fateveli questi vaccini, che adesso non c’è nemmeno la scusa di non trovarli. E adesso posso andare?”. E no, mi rispondono, perché ci sono politici che non l’hanno fatto, e anzi chiedono di non farlo ai bambini fino a 40 anni. “A parte il fatto che a 40 anni si è un po’ cresciutelli – domando – chi sono questi politici? Quelli che l’anno scorso chiedevano di aprire tutto mentre contavamo centinaia di morti al giorno, tipo Salvini? O quelli che non vogliono sentirne di Green Pass, come la Meloni? O i loro trombettieri in tv, che volevano toglierci già un anno fa le mascherine? Per capire quanto c’è da fidarsi di questi irresponsabili possiamo contare i nuovi casi di Covid a Roma, quintuplicati dopo la sciocchezza dei festeggiamenti per la vittoria agli Europei”.
Leggi tutto: Sui vaccini decidere tocca a noi
Anziché garantire la Città metropolitana di Milano dai rischi, i contratti derivati stipulati nel corso degli anni avrebbero prodotto un danno erariale di oltre 70 milioni di euro. L’ennesimo scandalo legato all’uso dei particolari strumenti finanziari negli enti pubblici è esploso in Lombardia. La Corte dei Conti ha indagato due intermediari finanziari, Bank of America e Dexa Prediop spa, e 64 ex amministratori e dirigenti della ex Provincia, tra i quali l’ex sindaco e attuale eurodeputato dem Giuliano Pisapia. IL CASO. La Procura contabile lombarda ha appena inviato i 66 inviti a dedurre, l’equivalente dell’avviso di garanzia, ipotizzando un danno milionario a causa della conclusione e gestione di alcuni contratti swap considerati diseconomici per l’ente. Una mossa compiuta alla luce delle indagini svolte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano e supportate da una consulenza richiesta dagli inquirenti ai funzionari del Nucleo di supporto all’autorità giudiziaria della Banca d’Italia.
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Secondo l'accusa l'ex sottosegretario berlusconiano era il referente politico nazionale del clan dei casalesi, con il quale l'esponente politico aveva stretto un patto di ferro per ottenere appoggio elettorale in cambio di un contributo ai camorristi. Questo processo sarebbe morto se fosse già entrata in vigore la Riforma Cartabia. A novembre 2016 nove anni di carcere in primo grado. Ora 10 anni nell’appello di un processo che sarebbe morto se fosse già entrata in vigore la Riforma Cartabia. È la decisione dei giudici della quarta sezione del Corte d’Appello di Napoli, che hanno condannato per concorso esterno in associazione mafiosa Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’Economia ed ex coordinatore regionale del Pdl Campania. La sentenza è stata pronunciata al termine del processo Eco4, dal nome del consorzio che si occupava della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in diversi comuni del Casertano. In primo grado Cosentino, assistito dagli avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro, era stato condannato a 9 anni di carcere (la richiesta era di 16 anni) e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per concorso esterno in associazione camorristica, con sentenza pronunciata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 17 novembre 2016, dopo oltre 140 udienze.
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L’ex senatore berlusconiano Antonio D’Alì è stato condannato a 6 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza è stata emessa dai giudici della Corte d’Appello, al termine di un lungo iter processuale iniziato nel 2011. “E’ stato il politico a disposizione dei Messina Denaro, prima del vecchio don Ciccio e poi del figlio Matteo, tuttora ricercato”, ha detto il procuratore generale Rita Fulantelli, che al termine di una requisitoria durata due ore aveva chiesto la condanna a 7 anni e 4 mesi. La corte d’Appello inoltre lo ha interdetto per 3 anni dai rapporti con i pubblici uffici. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni. Il processo d’Appello bis ha avuto inizio dopo l’annullamento nel gennaio 2018 della Corte di Cassazione del precedente giudizio di assoluzione e prescrizione per i fatti precedenti al 1994. Anche in questo caso, come nel caso del processo d’appello a Nicola Cosentino concluso oggi, se fosse stata in vigore la riforma Cartabia sulla prescrizione, la sentenza non sarebbe stata pronunciata perché sarebbe già stato superato il limite di 3 anni previsti dal disegno di legge della ministra per reati di mafia.
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"I procedimenti puniti con l’ergastolo non sono soggetti ai termini dell’improcedibilità" e comunque "per i reati più gravi si prevede una possibilità di proroga", sostiene la ministra rispondendo al question time. Ma di per sè nè l'associazione mafiosa nè quella terroristica sono punite con l'ergastolo: gli appelli si estinguerebbero in tre anni. “Spesso in questi giorni si è detto che i processi di mafia e terrorismo andranno in fumo. Non è così“, perché “i procedimenti puniti con l’ergastolo non sono soggetti ai termini dell’improcedibilità” e comunque “per i reati più gravi si prevede una possibilità di proroga“. Durante il question time alla Camera, in risposta a un’interrogazione dei deputati ex M5S de “L’alternativa c’è” sulla riforma penale approvata in Consiglio dei ministri, la ministra della Giustizia Marta Cartabia liquida così le preoccupazioni espresse rispetto al testo da magistrati antimafia come Nicola Gratteri, Federico Cafiero De Raho e Alessandra Dolci, che hanno parlato di un’amnistia mascherata capace di minare addirittura la sicurezza del Paese, mandando in fumo anche procedimenti per reati di altissimo allarme sociale.
Leggi tutto: La ministra Cartabia contro i pm antimafia: “La riforma non si applicherà ai loro processi”. Ma il...
Sembra esserci una maledizione dietro al concorso del Comune di Roma per l’assunzione di 1.512 dipendenti. Prima il sistema si è inceppato con alcuni candidati che hanno notato due risposte identiche in una singola domanda decretando l’annullamento della prova del 25 giugno scorso, poi la presunta truffa ai danni di un centinaio di partecipanti che è stata portata alla luce ieri. Un raggiro surreale consumato su Facebook dove i concorsisti sono stati contattati da un profilo, poi risultato falso, intestato all’assessore al Personale della giunta Raggi, Antonio De Santis (nella foto) con un messaggio in cui si legge: “Ciao vincitori, congratulazioni per la tua fortuna. Solo i fortunati saranno selezionati come vincitori e riceveranno un messaggio speciale da me”. Il testo, però, andava oltre chiedendo anche di registrarsi su un sito creato ad arte, inserendo i propri dati personali che erano, come accertato dagli agenti della polizia locale che hanno scoperto il raggiro, il vero obiettivo del hacker. Un caso su cui indagherà la Procura di Roma, con un fascicolo contro ignoti, per capire chi ci sia dietro al furto d’identità consumato nei confronti dell’assessore e di questa truffa online.
Leggi tutto: Hacker scatenati al concorso del Comune di Roma. L’ultima trovata per colpire la Raggi. Clonato il...
Quando pensavamo di averle viste tutte, con l’armamentario delle destre più becere e oscurantiste di sempre dispiegato in esibizioni di crocifissi ai comizi, diritti civili lapidati in tv, persino la pretesa di non fare i vaccini a chi ha meno di 40 anni mentre c’è una pandemia, ecco che spuntano nuove vette inesplorate. L’ultima l’ha appena indicata il ministro Giancarlo Giorgetti (nella foto), cioè l’eminenza grigia della Lega, che ha chiesto di frenare la transizione ecologica se no un po’ di aziende non potranno più produrre i loro motori e impianti inquinanti. Nelle ore in cui Germania e Belgio piangono quasi duecento morti per un disastro dovuto ai cambiamenti climatici, il nostro ministro dello Sviluppo (e braccio destro di Salvini) ci rivela di essere rimasto ai Flintstones, oltre che dimenticare l’obiettivo a cui è vincolato gran parte del Recovery Plan. Limiti che in tanti casi, in passato, non hanno retto alle imposizioni di una politica ottusa e di poco respiro, genuflessa agli interessi dei padroni delle ferriere piuttosto che dell’ambiente e della casa comune. Questa destra arcaica e affarista è oggi al governo del Paese grazie alla promessa fatta da Mario Draghi al Parlamento italiano e alla Commissione europea di ben altro sostegno ai temi green.
Leggi tutto: La destra ha già tradito l’Ambiente
È stato arrestato Massimo Adriatici, l’assessore alla Sicurezza della Lega di Voghera, comune in provincia di Pavia, accusato di aver sparato mortalmente a un 39enne di nazionalità marocchina nel corso di una lite. Il fatto è accaduto intorno alle 22 di ieri, davanti a un bar che si affaccia su piazza Meardi. I carabinieri di Pavia stanno procedendo con le indagini per chiarire la dinamica della vicenda. Adriatici, ora indagato per eccesso di legittima difesa, assessore alla Sicurezza nella Giunta di centrodestra guidata dalla sindaca Paola Garlaschelli, ha detto agli inquirenti che il colpo è partito involontariamente. Adriatici – docente di diritto penale e procedura penale presso Scuola allievi agenti Polizia di Stato Alessandria ed ex docente dell’Università del Piemonte Orientale – deteneva regolarmente la pistola con cui ha sparato. Originario di Voghera, è assessore alla Sicurezza dello stesso Comune da ottobre del 2020. Eletto nelle file della Lega, è titolare di uno studio di avvocatura molto noto, ed è salito all’onore delle cronache locali per iniziative contro la cosiddetta “malamovida” come l’abuso di sostanze alcoliche nelle ore serali.
Leggi tutto: A Voghera un assessore della Lega spara e uccide un marocchino di 39 anni nel corso di una lite. È...
«Il 50 % dei processi» finirà sotto la scure della improcedibilità con la riforma della prescrizione della ministra della Giustizia Marta Cartabia». E «temo che i 7 maxi processi» contro la 'ndrangheta che si stanno celebrando nel distretto di Catanzaro «saranno dichiarati tutti improcedibili in appello». A lanciare quello che lui stesso definisce «un grande allarme sociale che riguarda la sicurezza» è il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, davanti alla Commissione Giustizia della Camera. Il problema non riguarda solo i processi di mafia, spiega il procuratore, ma anche i reati contro la pubblica amministrazione. «In termini concreti le conseguenze saranno la diminuzione del livello di sicurezza per la nazione, visto che certamente ancor di più conviene delinquere». dice il procuratore rispetto alle nuove norme che scattano quando il processo di appello e quello in Cassazione non terminano rispettivamente entro 2 e un anno. Secondo Gratteri, la riforma della giustizia, rispetto alla improcedibilità dell'azione penale, avrà come come effetto «quello di travolgere un enorme numero di sentenze di condanna» e tra le conseguenze ci sarà «la diminuzione del livello di sicurezza per la nazione».
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I nuovi casi di Covid si sono quasi quintuplicati nella Capitale rispetto all'11 luglio scorso, giorno della finale degli Europei di calcio. Oggi Roma supera quota 500 (557 per l'esattezza i contagi registrati nelle ultime 24 ore) mentre l'11 luglio i nuovi contagiati erano 122. Stesso andamento per i contagi registrati nella Regione Lazio che oggi sono 681 nuovi positivi (su quasi 33mila test) a fronte di 164 registrati l'11 luglio (su circa 20mila test). «Stiamo pagando il cosiddetto “effetto Gravina” ma senza complicazioni negli ospedali - ha detto stamattina l'assessore regionale alla Sanità Alessio D'Amato - I casi sono ancora destinati ad aumentare per l'effetto del calo di tensione in occasione dei festeggiamenti per gli Europei, che durerà ancora alcuni giorni».
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"Strizzare l'occhio a qualche componente no vax rischia di fare molto male al Paese". Matteo Bassetti, infettivologo del San Martino di Genova, ospite di Andrea Pancani a Coffee Break su La7, ha insistito ancora una volta sull'urgenza di vaccinarsi contro il Covid. "Se nei prossimi due mesi non vaccineremo il maggior numero di persone possibile a ottobre sarà un disastro", ha profetizzato. Poi ha criticato duramente le ultime dichiarazioni di Matteo Salvini, secondo il quale sotto i 40 anni il vaccino non servirebbe: "Non sono d'accordo e non capisco neanche bene come si può permettere un politico di fare un'affermazione del genere visto che non mi pare che stiamo parlando di medici, scienziati o ricercatori". "La vaccinazione deve essere di massa perché devono essere protette le fasce più deboli che sono certamente le persone di 70, 80, 90 anni. Ma io l'altroieri ho ricoverato un uomo di 50 anni che sta rischiando di andare verso l'intubazione ed era uno di quelli che aveva detto di volersi vaccinare con calma a settembre-ottobre - ha continuato Bassetti -. Come facciamo a dare queste informazioni alla gente dicendo ai giovani di non vaccinarsi perché non sono a rischio?". Secondo l'esperto dovrebbero vaccinarsi più persone possibili in tutte le classi di età: "Sentire dei politici che vanno contro la vaccinazione dimostra un'assoluta immaturità della politica italiana".
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Il leader in pectore del M5s interviene con un post su Fb dopo giorni di attacchi alla misura anti-povertà, un dibattito che definisce "inquinato". Il riferimento a Salvini, Renzi e all'ultima uscita di Meloni: "Non fa onore alla nostra democrazia che forze politiche possano perdere la bussola del rispetto per le difficoltà dei cittadini". Poi la promessa: "Abbiamo scelto di stare dalla parte di chi non ha voce". Il reddito di cittadinanza non si tocca e il presidente del Consiglio Mario Draghi è stato sollecitato “a prendere una posizione chiara e ferma”. Dopo gli ultimi attacchi alla misura di sostegno alle fasce più povere della popolazione, interviene direttamente il leader in pectore del M5s, Giuseppe Conte. Ieri Giorgia Meloni ha definito il reddito “come il metadone per i tossici”: l’ultima uscita di un dibattito che Conte definisce “inquinato“, facendo riferimento anche agli attacchi arrivati da Matteo Salvini e Matteo Renzi. “Alcuni leader di partito hanno deciso di prendere di mira gli aiuti alle fasce più deboli e più esposte della popolazione”, scrive l’ex premier in un post su Fb.
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Il procuratore di Catanzaro in audizione alla Camera: “Produrrà un aumento smisurato delle impugnazioni in Appello e Cassazione: a tutti conviene, per ingolfare la macchina della giustizia". Secondo il magistrato il 50% i processi "finiranno sotto la scure della improcedibilità". Tra questi anche "i 7 maxi processi" contro la 'ndrangheta che si stanno celebrando nel distretto di Catanzaro. "A questo punto - ha aggiunto - meglio la prescrizione del reato come era prima della riforma Bonafede. Provocherebbe meno danni". Nicola Gratteri fa a pezzi la riforma della giustizia di Marta Cartabia. Con un intervento lungo una ventina di minuti, in videoconferenza con la commissione Giustizia della Camera, il procuratore capo di Catanzaro contesta punto per punto gran parte delle norme contenute nella legge delega varata dal governo di Mario Draghi. A cominciare da quella che viene considerata la “nuova prescrizione” cioè l’improcedibilità: se il processo dura più di due anni in Appello (tre per i reati più gravi) e uno in Cassazione (o 18 mesi) non può più perseguire e il medesimo processo muore. “Le conseguenze saranno, in termini concreti – dice Gratteri – la diminuzione del livello di sicurezza per la Nazione visto che certamente ancor di più conviene delinquere, l’annullamento totale della qualità del lavoro, perché fissare una tagliola con un termine così ristretto vuol dire non assicurare che tutto venga adeguatamente analizzato con la dovuta attenzione, aumento smisurato di appelli e ricorsi in Cassazione perché se prima qualcuno non presentava impugnazioni con questa riforma a tutti, nessuno escluso, conviene presentare appello e poi ricorso in Cassazione non foss’altro per dare più lavoro ingolfare di più la macchina della giustizia e giungere alla improcedibilità”.
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L'assessore Alessio D'Amato non usa giri di parole e cita il numero uno della Federcalcio Gabriele Gravina, che aveva difeso la grande parata con bus scoperto della Nazionale allenata da Roberto Mancini: "I casi sono ancora destinati ad aumentare per l’effetto del calo di tensione in occasione dei festeggiamenti per gli Europei, che durerà ancora alcuni giorni. I positivi sono per lo più giovani ancora non vaccinati". A Roma è boom di casi nei dieci giorni successivi alla festa per la vittoria degli Europei e l’assessore alla Sanità della Regione Lazio tira in ballo il presidente della Figc. Di fronte ai 557 nuovi positivi nella Capitale, la quasi totalità dei 681 registrati nel Lazio, l’assessore Alessio D’Amato non usa giri di parole: “Stiamo pagando il cosiddetto ‘effetto Gravina’, ma senza complicazioni negli ospedali”, ha spiegato citando il numero uno della Federcalcio Gabriele Gravina, che aveva difeso la grande parata con bus scoperto della Nazionale allenata da Roberto Mancini dopo il successo di Wembley contro l’Inghilterra. Una festa che era stata al centro di una “trattativa” tra i giocatori e le forze dell’ordine, criticata dal prefetto di Roma Matteo Piantedosi, e ha rappresentato l’ultima appendice di quello che D’Amato definisce un “calo di tensione”, anche se per il momento non si vede un riflesso sulle ospedalizzazioni. I ricoverati nel Lazio sono 133, tre in più di ieri, e le terapie intensive reggono (28 assistiti, uno in meno di ieri).
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Per Matteo Renzi l’avviso di garanzia che l’ha raggiunto insieme ai produttori Lucio e Niccolò Presta (leggi l’articolo) è un’intimidazione dei soliti magistrati politicizzati e con chissà quale inconfessabile disegno, ma a un super consulente della sua taglia, chiamato in tutta l’Arabia e dintorni per parlare di grandi strategie planetarie, doveva venire in mente che la storia del documentario su Firenze costato quasi mezzo milione solo per l’ex premier e poi rivenduto ad appena 20mila euro sarebbe finita inevitabilmente sotto le lenti di Procura, antiriciclaggio di Bankitalia e Guardia di Finanza. Ora vedremo a cosa porterà l’inchiesta, e non ci sogniamo di dire in questa sede se il capo di Italia Viva è responsabile o meno di un nuovo presunto finanziamento illecito, dopo l’altro caso in cui è coinvolta la fondazione Open (leggi l’articolo), nata per gestire le manifestazioni politiche della Leopolda. Ma c’è un aspetto niente affatto secondario, proprio mentre la Rai sta cambiando i suoi vertici, che riguarda l’inspiegabile strapotere di certi agenti televisivi anche dentro la televisione pubblica.
Leggi tutto: La tv che fa male a Renzi
Sono circa 916 gli emendamenti alla riforma del processo penale che il M5S ha depositato in Commissione giustizia alla Camera. Il capogruppo in Commissione giustizia, Saitta: “Fondamentale scongiurare il pericolo di isole di impunità”. Sono circa 916 gli emendamenti alla riforma del processo penale, ai 24 emendamenti presentati dal governo, che il M5S ha depositato in Commissione giustizia alla Camera. Questi subemendamenti non includono quelli sulla prescrizione (articolo 14 del ddl Bonafede) in quanto il termine per i sub emendamenti scade alle 18. “L’audizione oggi in commissione Giustizia alla Camera di Nicola Gratteri – dichiarano in una nota le deputate e i deputati del M5S in commissione Giustizia -, procuratore capo di Catanzaro, è stata drammaticamente chiara: la riforma del processo penale messa a punto dalla ministra Marta Cartabia deve essere modificata”. “Tra tutte le critiche espresse da Gratteri – aggiungono dal M5S – quelle che più preoccupano, poiché prefigurano scenari inquietanti, sono relative alle conseguenze concrete: ‘convenienza a delinquere’ e ‘diminuzione del livello di sicurezza per la Nazione'”.
Leggi tutto: Il M5S bombarda la riforma Cartabia con oltre 900 emendamenti. Gratteri alla Commissione...
Sono 63 gli indagati, tra cui i politici di Forza Italia Lara Comi, Pietro Tatarella e Fabio Altitonante, rinviati a giudizio dal gup di Milano, Natalia Imarisio, nell’ambito dell’inchiesta “Mensa dei poveri” (leggi l’articolo) su un giro di tangenti, appalti, nomine e finanziamenti illeciti con al centro Nino Caianiello, il presunto “ras” di Forza Italia a Varese ed ex coordinatore provinciale degli azzurri. Il processo, con rito ordinario, si aprirà il prossimo 18 novembre davanti alla sesta sezione penale del Tribunale. Rimangono in udienza preliminare circa 27 gli altri indagati che hanno chiesto i riti alternativi, tra cui il patteggiamento, la sospensione della processo con la messa alla prova e il giudizio abbreviato. Tra coloro che puntano a patteggiare, oltre al deputato di Fi Diego Sozzani, accusato di corruzione, ci sono le 11 persone che si sono già viste respingere l’istanza in fase di indagini preliminari. Tra quest’ultime, c’è Caianiello che ha collaborato a lungo nell’inchiesta concordando con la Procura una condanna a 4 anni e 10 mesi.
Leggi tutto: Mensa dei poveri, 63 a processo per il “sistema Caianiello” in Lombardia. Rinviata a giudizio...
Quando arrivo a vergognarmi per il servilismo di certi giornali e giornalisti di fronte al potere c’è sempre qualcuno che riesce a battere i record precedenti, scrivendo a sprezzo del ridicolo inarrivabili pochade, ricordandomi che al peggio non c’è fine. L’ultimo di questi racconti, su un giornale romano, mi ha fatto piegare in due dalle risate, e per chi se lo fosse perso può essere riassunto così: Draghi al governo non solo ha debellato l’invincibile pandemia del Covid e fatto arrivare i miliardi che mai il precedente premier Conte avrebbe ottenuto dall’Europa (dimenticando che fu proprio Conte a contrattare il Recovery Fund), ma grazie ai prodigi di Mr. Bce ora una serie di incantesimi fa brillare lo stellone dell’Italia. E d’altra parte, quando mai senza Super Mario a Palazzo Chigi avevamo vinto l’Eurovision, apparentemente con i Måneskin sul palco, ma in realtà con Draghi a cantare e suonare? E a chi, se non a questo eccellentissimo Presidente del Consiglio si deve il merito di Berrettini che arriva in finale a Wimbledon? Voi non ve ne siete accorti, ma sotto la barbetta di Matteo c’era Draghi, anche se qualche sospetto era venuto persino a me, visto che nessuno se non Mario nostro possiede quel formidabile servizio. È stato a Wembley che però si è scoperto tutto.
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