Nell’Italia degli eterni conflitti d’interessi, da ieri per i Social il più puzzone di tutti è l’eurodeputato M5S Dino Giarrusso. Che ha fatto stavolta l’ex iena? Ha accettato dei piccoli aiuti economici per la campagna elettorale, dichiarando subito somme e donatori. Io che seguo la politica dai tempi della Prima Repubblica ricordo quanti miliardi di lire costava già allora la corsa a Bruxelles, soprattutto al Sud, e anche adesso i partiti che incassano il finanziamento pubblico e dispongono di fondazioni Open & Company spendono milioni di euro, ai quali i candidati ne aggiungono spesso altrettanti. Nulla a che vedere, quindi, con le poche migliaia di euro date a Giarrusso, che con mezzi irrisori ha battuto il collegio da cima a fondo, macinando migliaia di chilometri per farsi conoscere e avvicinare ai 5S gli elettori. Lunedì scorso però Report ha parlato di uno di questi contributi, dato da una società di Piero Di Lorenzo, il produttore del vaccino per il Covid che peraltro ha fatto causa a questo giornale dopo un nostro articolo su un finanziamento pubblico da dieci milioni. Dai partiti dell’opposizione, dove ne arrestano a ripetizione, è comprensibile che abbiano sfruttato l’occasione per provare a rifarsi sparando su Giarrusso, ma quello che è sorprendente è che dalla stessa parte del Movimento ci sia stato chi ha lapidato uno dei più attivi, appassionati e generosi portavoce.
“La Lombardia ha già finito i vaccini antinfluenzali”. La mail di Ats Milano rivela la catastrofe del modello lombardo
La Lombardia ha già finito i vaccini antinfluenzali: lo certifica una mail inviata nel primo pomeriggio di mercoledì 18 novembre dall’Ats di Milano. Questo il testo della mail inviata da un dirigente medico dell’Ats, Agenzia di Tutela della Salute: “Gent.mi, inoltro quanto pervenuto oggi dal nostro Servizio Farmaceutico: “Al momento attuale tutta la filiera distributiva del vaccino antinfluenzale per ATS MILANO presenta disponibilità ridottissime di vaccino over 65,. e non presenta altre disponibilità di altri vaccini antinfluenzali o pneumococcici. Non è stato comunicato al momento quando vi potranno essere ulteriori rifornimenti di vaccino Il Farmaceutico non può dare attualmente altre risposte che quelle ora comunicate“. La notizia è stata subito commentata da Maria Carmela Rozza, consigliere regionale del Pd alla Regione Lombardia, che ha rilasciato a TPI la seguente dichiarazione: “La farsa ormai è diventata tragedia. Invitiamo il governatore Fontana a dire la verità ai lombardi per sapere quando ci saranno i vaccini, se ci saranno e chi sarà realmente vaccinato. Pretendiamo che il presidente Fontana faccia chiarezza sulla situazione perché è diventata drammatica”. La vicenda è clamorosa dal momento che, vista l’epidemia di Covid, il ministero della Salute aveva raccomandato addirittura di anticipare la campagna di vaccinazione antinfluenzale all’inizio di ottobre. Lo scorso 5 giugno, infatti, il ministero attraverso la Circolare Prevenzione e controllo dell’influenza sottolineava: “Vista l’attuale situazione epidemiologica relativa alla circolazione di Sars-CoV-2, il documento raccomanda di anticipare la conduzione delle campagne di vaccinazione antinfluenzale a partire dall’inizio di ottobre”. Alla fine di novembre, invece, non solo le persone vaccinate sono pochissime, ma i vaccini sono anche finiti.
“A Natale comprate sotto casa”. Salvini a corto di idee se la prende con Amazon. Ma intanto il colosso dell’e-commerce continua ad assumere. Anche dove governa la Lega
“Natale senza Amazon, favorendo gli acquisti nei negozi, che cosa ne pensate? Ho fatto un sondaggio su Amazon, in poco tempo hanno votato in 50mila, il 61% dice no, i regali li compro sotto casa, piuttosto che con un clic”. E’ quanto ha detto a più riprese il leader della Lega, Matteo Salvini, che a corto di argomenti oggi ha deciso di prendersela con il colosso americano dell’e-commerce. Una serie di post che arrivano nelle stesse ore in cui, proprio Amazon, ha annunciato 100 nuove assunzioni destinate al nuovo centro di smistamento a Colugna, in provincia di Udine, comune amministrato da un sindaco di centrodestra eletto anche con i voti della Lega.
QAnon ha già i giorni contati?
Ha raggiunto l'apice con due esponenti eletti al Congresso, ma i suoi adepti fanno i conti con la sfida più difficile: la sconfitta di Trump. Dopo i ban sui social network e gli indizi sull'identità di Q, per i complottisti sono giorni difficili. Da un certo punto di vista, QAnon non se l’è mai passata meglio. Nel corso delle ultime elezioni statunitensi, la folle teoria del complotto è riuscita addirittura a conquistare due seggi alla Camera dei rappresentanti: quello di Marjorie Taylor Greene dalla Georgia (nota anche per essersi fatta immortalare con in braccio una mitragliatrice e a fianco le immagini di Alexandria Ocasio-Cortez e le altre deputate democratiche della cosiddetta Squad) e quello di Lauren Boebert dal Colorado (secondo la quale QAnon è un segnale della forza degli Usa). Non solo, il terreno fertile in cui prosperare sembra aumentare giorno dopo giorno. Basti considerare che – secondo un recente sondaggio – sette elettori repubblicani su dieci sono convinti che le ultime elezioni siano state truccate. A livello globale, stando ai dati forniti da una recente inchiesta, gli adepti di QAnon si contano invece nell’ordine dei milioni. Ma c’è un problema: Donald Trump, l’uomo che secondo questa teoria dovrebbe guidare la ribellione popolare che porterà all’arresto di massa delle élite liberal sataniste e pedofile (in primis Hillary Clinton), ha perso le elezioni. Il paladino delle forze del bene che avrebbe dovuto sconfiggere il male è stato a sua volta sconfitto, tanto nei collegi elettorali quanto soprattutto nel voto popolare, dove ha preso oltre cinque milioni di voti in meno rispetto a Joe Biden.
Bruno Vespa e le bufale su Mussolini, Inps e settimana lavorativa andate in onda sulla Rai
“Nel libro racconto il consenso che Mussolini ebbe per le sue opere sociali. Ha creato i contratti nazionali, l’Inps, la settimana di 40 ore”. Così Bruno Vespa ha promosso questa mattina su Agorà, la trasmissione televisiva di Rai3 condotta da Luisella Costamagna, la sua ultima ‘fatica letteraria, il libro sul fascismo “Perché l’Italia amò Mussolini”. Ma sulla ricostruzione e la veridicità storica del libro di Vespa sorgono importanti dubbi viste le premesse. Il conduttore di Porta a Porta si è lanciato in dichiarazioni controverse sul Duce. L’ormai ‘storico’ giornalista della tv pubblica rilancia un leitmotiv caro a certa destra italiana, del Mussolini che ha fatto anche cose buone, rilanciando però due bufale conclamate. La prima è quella relativa alla creazione dell’Inps, l’Istituto nazionale della previdenza sociale. Qui il debunking non è affatto complicato ed è incredibile che un giornalista come Vespa cada in certi errori: basta collegarsi al sito internet per leggere chiaramente che la creazione dell’istituto risale al 1898, quando nasce la Cassa Nazionale di previdenza per l’invalidità e per la vecchiaia degli operai, mentre nel 1919 l’assicurazione per l’invalidità e la vecchiaia diventa obbligatoria per i lavoratori dipendenti privati. Altra ‘fake news’ riguarda quindi la settimana lavorativa di 40 euro, evergreen della disinformazione sul Duce e il fascismo che va di pari passo con il tema del ‘sabato fascista’. La settimana da 40 ore fu una conquista sindacale arrivata ufficialmente mezzo secolo dopo la caduta del regime, con la legge 24 giugno 1997 n. 196. L’intervento di Vespa ad Agorà ha scatenato forti polemiche anche sui social: centinaia di utenti hanno lamentato l’assenza di un minimo di contradditorio, anche della stessa Costamagna, nel fermare le inesattezze di Vespa.
Cresce il covid nell'America scettica: "Prima di morire chiedono: 'Che malattia ho in realtà?'"
Negli ospedali, sempre più occupati da casi covid, non tutti recepiscono l’allarme, increduli possa essere stato il virus a ridurli in quelle condizioni. Negli Stati Uniti i contagi crescono, soprattutto in zone prima considerate meno vulnerabili. Iowa, Ohio, West Virginia, North Dakota: negli Stati interni, lì dove le misure anti contagio erano meno rigide, i governi invertono la rotta di fronte ai numeri in salita. Negli ospedali, sempre più occupati da casi covid, non tutti recepiscono l’allarme, increduli possa essere stato il virus a ridurli in quelle condizioni. Lo racconta il Corriere della sera. “La cosa più tragica è vederli morire increduli”, ha afferma Jodi Doering, infermiera di un ospedale del South Dakota “continuano a dire che il coronavirus non esiste anche mentre li sta uccidendo. Le loro ultime parole a volte sono: dimmi la verità, che malattia ho?”. Una testimonianza, la sua, che si unisce a quella di molti altri sanitari, che si imbattono nello scetticismo di chi curano e tentano di salvare. Il personale sanitario è in sofferenza. Molti, scrive il Corriere, vanno in pensione in anticipo o, addirittura, cambiano mestiere, mentre gli ospedali si saturano e si parla di rifiutare i pazienti più gravi, per mancanza di posti letto.
“Campania stremata dal Covid, iniziamo a dover scegliere chi curare”: l’allarme dei medici
Il segretario regionale Annao-Assomed: "Ogni giorno centinaia di colleghi mi dicono che non ce la fanno più". La Campania è allo stremo per il Covid. A raccontare la gravità della situazione è Pierino Di Silverio, componente dell’esecutivo Anaao-Assomed nazionale e vice segretario regionale Campania: “Ogni giorno ricevo centinaia di messaggi di colleghi che dicono tutti la stessa cosa: non ce la facciamo più, non è vero che abbiamo ancora posti letto disponibili per pazienti Covid. Cominciamo a dover scegliere chi curare e chi no”, dice all’Adnkronos. Ad ammalarsi sono anche i medici e gli operatori sanitari: “Nell’ultimo mese e mezzo si è infettato in Campania il 30% degli operatori. Nelle prossime settimane sarà sempre peggio - continua - e se la curva non si raffredda noi scoppiamo. Abbiamo una valanga di pazienti che necessità di cure, non tutti da terapia intensiva, ma che restano troppo tempo in ospedale”. “Nessuno vuole colpevolizzare e crocifiggere ma stiamo soffrendo e alla fine e restiamo da soli - avverte il sindacalisti - Isolati con le istituzioni che decidono senza ascoltarci e i pazienti, che non sapendo contro chi protestare, iniziano a darci addosso. C’è sulla gestione dell’emergenza Covid in Campania un rimpallo di responsabilità tra la Regione e il Governo. Una deresponsabilizzazione di cui dovrebbero vergognarsi entrambi. Viene chiuso il pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli - racconta Di Silverio - per farci un Covid Hospital, dove in questo momento ci sono 4 pazienti in un reparto a bassa intensità di cura che se peggiorano vanno trasferiti. Intanto però si è chiuso un servizio ai cittadini che chiedono assistenza”.
Puglia verso la zona rossa: ipotesi di una distinzione per province
Entro venerdì la Regione potrebbe scrivere al governo e chiedere un passaggio dalla zona arancione alla rossa: a rischio non è l'indice Rt ma la pressione sul sistema sanitario. Le province più colpite Bat e Foggia. Da oggi lockdown in Abruzzo. Un altro passo verso la zona rossa. La Puglia si avvicina verso quella che assomiglia di più a un lockdown, anche se non si esclude l'ipotesi di fare zone rosse per province. Il presidente di Regione Michele Emiliano chiede che sia il governo a occuparsene e manda avanti Pierluigi Lopalco, l'epidemiologo e prossimo assessore regionale alla Sanità, a spiegare i motivi per cui è necessaria una stretta maggiore sulla Puglia: "Gli operatori sono molto stressati, quindi qualunque iniziativa che possa allentare la morsa sugli ospedali e sulla sanità territoriale è benvenuta". Il punto è che stando a una parte dei 21 indicatori del ministero della Salute che stabiliscono le aree di rischio, la Puglia è ancora in zona arancione, visto che l'indice Rt è attorno a 1,44. "Il sistema al momento regge" dice Lopalco che poi però aggiunge: "È in corso di valutazione" l'ipotesi di ingresso della Puglia in zona rossa. Di certo c'è che le novità potrebbero arrivare venerdì prossimo quando saranno passati 15 giorni (indicati dal ministero della Salute per rivalutare il posizionamento) dalla definizione delle zone rosse in Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta e Calabria e delle zone arancioni in Puglia e Sicilia.
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Scerra (M5S) a TPI: “Gli amici di Salvini e Meloni vogliono affossare l’Italia e l’Europa”
Ancora una volta,i Paesi del Gruppo di Visegrád hanno assestato un duro colpo all’Europa. Ungheria e Polonia hanno infatti bloccato l’accordo sul Bilancio Ue 2021-2027 che era stato raggiunto la scorsa settimana, mettendo seriamente a rischio l’erogazione del Recovery Fund necessario per il rilancio delle economie degli Stati dell’Eurozona. I governi sovranisti di Budapest e Varsavia contestano la condizionale che lega l’erogazione dei fondi Ue al rispetto dello stato di diritto. “In piena pandemia – spiega a TPI Filippo Scerra, vicepresidente del gruppo M5S alla Camera e membro della commissione Politiche UE – quello di Ungheria e Polonia è un atteggiamento assolutamente irresponsabile. Bloccando l’approvazione del bilancio dell’Ue hanno fermato anche l’iter del Recovery Fund, soldi preziosi per il nostro Paese, per la ripartenza delle imprese, dei lavoratori, delle famiglie italiane. È un atteggiamento che non fa altro che smascherare l’ipocrisia dell’internazionale sovranista, un ossimoro in termini.
Su Giarrusso vagonate di ipocrisia
Perché le zone rosse nelle regioni dureranno fino a dicembre (ma qualcuno potrebbe uscirne prima)
Secondo le regole fissate dall'ultimo Dpcm i territori possono chiedere la revisione della fascia dopo una settimana dall'entrata. Ma ce ne vogliono altre due per l'uscita effettiva. C'è però uno spiraglio per alcune province. Ecco quali. Quando finirà la zona rossa nelle regioni? Ci sono altri territori che rischiano ulteriori restrizioni venerdì, quando si riunirà di nuovo la Cabina di Regia? Anche se sono i medici a chiederlo per la Puglia e la Liguria appare ancora in difficoltà, il pronostico dei giornali di oggi è che a parte l'Abruzzo, che ha dichiarato la stretta da sé, non ci saranno per ora variazioni nella lista delle zone rosse, arancioni e gialle venerdì 20 novembre. Ma il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro della Salute Roberto Speranza stanno invece valutando la possibilità di "liberare" da alcune restrizioni le province con un Rt in discesa. Per le regioni invece la data da segnare sul calendario è dicembre. Perché, come abbiamo spiegato, secondo le regole fissate dall'ultimo Dpcm, il meccanismo prevede che le Regioni possano chiedere la revisione della fascia dopo una settimana dall'entrata, in base al monitoraggio dell'Istituto Superiore di Sanità che di solito si svolge il venerdì (quando gli enti ricordano di mandare i numeri).
Esclusivo TPI: La circolare interna di Poste Italiane: “Usate la stessa mascherina per 3 giorni”. Ma durano al massimo 8 ore
TPI ha raccolto le testimonianze dei lavoratori delle Poste Italiane in varie parti d'Italia: "Ci faranno ammalare tutti, continuano a farci lavorare come se non succedesse nulla in Italia". E scoppia il caso di mascherine potenzialmente false distribuite dalla società. “Ci faranno ammalare tutti, continuano a farci lavorare come se non succedesse nulla in Italia. Siamo la fanteria della prima linea, con mascherine monouso, ma imposte per tre giorni”. Chi parla è uno sportellista piemontese di Poste Italiane che si lascia andare ad uno sfogo sui social network. Assieme a molti altri lamenta che l’azienda dia in dotazione al personale più esposto, quello a più diretto contatto con la clientela, due sole mascherine la settimana, una ogni tre giorni di lavoro. Ma questo aspetto, quello del deterioramento del dispositivo di protezione individuale, rischia di essere fatto di poco conto, di passare in secondo piano. Perché il problema più grande, che forse tanti addetti allo sportello e relativi utenti nemmeno sospettano che esista, è che le mascherine distribuite da Poste Italiane ai propri lavoratori, secondo un consulente, sarebbero fake. Nei giorni in cui viene pubblicato il rapporto sul terzo trimestre 2020 di Poste Italiane, con ricavi in aumento dello 0,8% e un utile netto al +10,3%, è sufficiente fare un giro nei gruppi Facebook nei quali si confrontano i dipendenti del gruppo per intuire che l’aria che tira tra gli sportellisti non è altrettanto positiva.
Sciopero del pubblico impiego. La folle ricetta dei sindacati contro la pandemia. Cgil, Cisl e Uil vanno allo scontro col Governo. Ira della Dadone: si blocca l’Italia in piena pandemia
In piena pandemia i sindacati non trovano altra ricetta che lo sciopero generale dei dipendenti pubblici. Ovvero la categoria meno colpita dalla crisi innescata dal Covid, sempre pagata anche quando lavorava (e spariva) a casa. Arriva come una doccia fredda l’annuncio dello sciopero nazionale da parte dei sindacati di categoria della Pubblica amministrazione per il 9 dicembre. Le risorse – 400 milioni – stanziate nella manovra sono considerate insufficienti. “Noi abbiamo calcolato che come minimo servirebbe più di un miliardo per poter rinnovare i contratti” della Pa, dichiara la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. “Qualcuno pensa di bloccare l’Italia e mettere a rischio la già fragile tenuta sociale. Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità”, dichiara il ministro Fabiana Dadone. Sindacati e imprese sulla manovra tornano a picconare il governo. “Riscontriamo l’assenza di un disegno sistemico per una nuova politica industriale e dello sviluppo”, dichiarano Cgil, Cisl e Uil all’indomani dell’incontro con l’esecutivo. Lamentando una carenza di risorse per fisco, contratti e politiche attive del lavoro. Attacca a testa bassa il presidente di Confindustria: “Il governo sbaglia, pensa solo all’emergenza. Non servono sussidi ma idee e investimenti”. Non ci sta il ministro dell’Economia: “I sindacati fanno il loro mestiere e chiedono di più ma il governo deve guardare a un equilibrio più generale”. Roberto Gualtieri manifesta cauto ottimismo commentando le notizie che arrivano sul fronte dei vaccini: “Si vede una luce in fondo al tunnel”.
I 7 minuti di Burioni da Fazio sul vaccino valgono un anno di canone Rai
"C'è una luce finalmente visibile in fondo al tunnel: è quella del vaccino. Un vaccino concreto. I dati sono arrivati in maniera irrituale direttamente dall'ad di un'importantissima e serissima casa farmaceutica come la Pfizer. Se dovesse mentire, finirebbe dritto in galera. In passato per produrre un vaccino ci sono voluti 12 anni, qui siamo davanti ad un qualcosa di stupefacente: è la più grande impresa che la scienza e l'uomo abbiano fatto nella storia". Burioni spiega come funziona il vaccino Pfizer a "Che tempo che fa". Roberto Burioni, ieri sera a "Che tempo che fa", è salito in cattedra per spiegare cos'è e come funziona il nuovo vaccino a mRNA contro Covid-19 sviluppato dal gigante farmaceutico statunitense Pfizer. "Ovviamente lo studio sul vaccino deve ancora concludersi ma finalmente possiamo dire che abbiamo un vaccino che funziona", ha precisato il medico e professore dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
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Da Azzolina a Locatelli, il fronte della scuola aperta: "È sicura"
La ministra agli studenti sulla Stampa: "Una sconfitta chiudere". Il presidente del Css sul Foglio: "In classe sicurezza assicurata fino alla fine dell'anno". Si moltiplicano le voci di chi chiede al più presto un ritorno della scuola in presenza per tutti. A cominciare dalla ministra per l’Istruzione Lucia Azzolina, che in una lettera alla Stampa si rivolge direttamente agli studenti: “Lasciarvi a casa è una sconfitta, cari ragazzi, riapriremo le scuole”. “Non dovete essere voi a pagare il prezzo più alto di questa emergenza. Le scuole sono un ambiente controllato, ci sono regole severe che vengono rispettate con attenzione anche grazie agli studenti. Le scuole devono stare aperte. Una loro chiusura prolungata rischia di impattare negativamente e a lungo termine sulla formazione, sulla capacità di apprendimento, sui livelli di istruzione. Sull’emotività dei ragazzi”. Perché, aggiunge Azzolina, “a scuola, e non è retorica, si costruisce il futuro, un futuro che cammina sulle vostre gambe”. Poi la ministra scrive che “chiusure e aperture degli Istituti scolastici non sono decise dal Ministero dell’Istruzione. Serve un lavoro di squadra, insieme ai responsabili degli Enti locali e a i Presidenti di Regione. Amministratori di cui comprendo le preoccupazioni. Li sto chiamando uno ad uno. Dobbiamo essere tutti d’accordo sul fatto che lasciarvi a casa sarebbe una sconfitta per tutta la comunità”. Chiudere la scuola non è il modo migliore per proteggerci dal contagio, secondo Franco Locatelli. “Se vogliamo dire la verità bisogna avere il coraggio di dire che non è vero”, afferma al Foglio il presidente del Consiglio superiore di sanità, che elogia la “visione lucida” e “l’impegno massimo” di Lucia Azzolina. “La nostra scuola è nelle condizioni di assicurare sicurezza degli studenti fino alla fine dell’anno scolastico. E lo scandisco. Fino alla fine dell’anno scolastico.
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BRUTTO SEGNO SE I NUOVI EROI SONO I CANI
Era diventato famoso dopo le foto che lo ritraevano sdraiato davanti al feretro dell’ex presidente statunitense George H. W. Bush avevano fatto il giro del mondo. Sully, il labrador retriver che aveva accompagnato negli ultimi mesi di vita Bush Senior, è stato omaggiato con una statua che lo raffigura. Realizzata in bronzo dalla scultrice di fama internazionale Susan Bahary, verrà esposta nel campus a Smithtown, a New York, dell’American Vet Dog, un’organizzazione non profit che fornisce «cani da servizio». Si tratta della seconda scultura realizzata da Bahary: la prima si trova alla George H. W. Bush Presidential Library in Texas. Un vero onore per Sully, che ha lavorato come service dog per l’ex presidente degli Stati Uniti e, dopo la sua morte, ha preso servizio presso il Walter Reed National Military Medical Center. Sully – che ha un suo profilo Instagram in cui vengono condivise le foto delle sue giornate di lavoro come cane da servizio – è stato addestrato per aiutare le persone non autosufficienti. Per questo motivo era stato affiancato a Bush, che per anni ha sofferto del morbo di Parkinson. È in grado di aprire le porte, raccogliere e riportare gli oggetti, e persino chiedere aiuto in caso di necessità.
CAMPAGNA SANITARIA: i diritti e i doveri legati ai vaccini
Anziani, malati, bambini. Sono loro le persone che con più urgenza aspettano il vaccino antinfluenzale. Dalla Regione assicurano: «Entro venerdì almeno 300 dosi di vaccino per ogni medico saranno in distribuzione nelle farmacie». C’è una voce, su questo fronte della sanità, da ascoltare: «Sono uno dei tanti cittadini anziani che sta aspettando il vaccino anti-influenzale ma il medico di famiglia mi dice che non è ancora disponibile, eppure ho 92 anni, dovrei vaccinarmi come del resto faccio ogni anno». Uno dei «tanti cittadini anziani» è il professor Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto Mario Negri che ritiene «molto preoccupante» il ritardo nella somministrazione che, nell’anno del Covid ha una duplice funzione come ricorda lui stesso: «Da una parte creare la differenziazione fra malati di influenza e persone che sono invece colpite dal virus; dall’altra quattro nuovi studi internazionali ci dicono che campioni consistenti di over 60 vaccinati per l’influenza non sviluppa Covid-19 nel 15% dei casi». Il professore è molto chiaro su un punto: «Certo che potrei vaccinarmi chiedendo aiuto alle aziende farmaceutiche ma non voglio farlo: le somministrazioni avrebbero già dovuto essere a disposizione delle categorie a rischio, malati, anziani e in generale gli over 60, oltre alle persone con altre patologie, da diverse settimane. E da cittadino voglio aspettare, come tutti, il mio turno in coda».
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Il Movimento e le balle dei giornali
Non ci hanno mai capito niente prima, figuriamoci se potevano arrivarci adesso. Fior di giornali che parlano dei 5 Stelle solo per diffamarli, dire balle e dividerli, ieri hanno raccontato gli Stati Generali come fanno sempre: scrivendo fesserie. Per Repubblica “I 5S diventano un partito”, proposta che deve aver fatto il trentunesimo intervenuto, perché io che ho ascoltato tutti i trenta indicati a parlare non l’ho mai sentita. Ha dei dubbi Libero, che titola con il direttore Feltri “Le 5 Stelle perdenti o fetenti?”. Per chi avesse dubbi, subito sotto un altro titolo ci informa che “da oggi tornano a sbagliare: i grillini agli Stati Generali sembrano alcolisti anonimi”. Ma forse il fiasco è quello del direttore. Chi brucia tutti sul tempo è La Verità, che già sabato annunciava “Patuanelli e Casaleggio: due bombe sul futuro M5S”. L’allusione è prima a un incontro tra il ministro dello Sviluppo e Castellucci, l’ex manager dei Benetton, mentre il Governo sta trattando la restituzione della concessione allo Stato (la prossima volta mandiamo a discutere un casellante e l’usciere del ministero). Poi si gioca l’asso del figlio del cofondatore Gianroberto, da mesi ormai critico con i parlamentari che non pagano i servizi della piattaforma Rousseau nonostante sia previsto dallo statuto del Movimento. Casaleggio jr. non ha cambiato idea, ma con senso di responsabilità è stato alla larga dai lavori. Niente bombe né mortaretti insomma. Pure Sallusti deve aver fatto confusione con i Social che trasmettevano l’assemblea di domenica e chissà che film ha visto per scrivere sul Giornale: “La marea grillina ora è una palude”. Lo stesso di Bechis sul Tempo, che sintetizza su nove colonne: “Il giorno dell’agonia grillina”.
Dall’Ue altri 6,5 miliardi di euro all’Italia per finanziare le Cig tramite il Sure. Von der Leyen: “Presto altri fondi. L’Europa è con voi”
L’Italia riceverà oggi altri 6,5 miliardi di euro sotto forma di prestiti dal programma europeo Sure per finanziare le Cig nazionali durante la pandemia. Ad annuncialo su Twitter è stata la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. “Altri fondi arriveranno presto. L’Europa è con voi”, ha sottolineato von der Leyen. A fine ottobre, l’Italia aveva già ricevuto una prima tranche di prestiti dal Sure da 10 miliardi. “Con il fondo Sure proteggiamo le nostre imprese e i nostri lavoratori. Insieme ce la facciamo. L’Europa è la nostra comunità di destino” ha commentato il ministro degli Affari Europei, Vincenzo Amendola.
Ancona, bambino operato di tumore al midollo sulle note di un pianoforte acustico a 432 hertz
“Ci sono stati alcuni momenti in cui la musica mi ha legato completamente al campo operatorio, provando un profondo senso di armonia, di fusione con l’ambiente che mi circondava. Quando, per un attimo, uscivo dalla trans-operatoria e prendevo coscienza della splendida musica riprodotta mi sono venuti i brividi addosso. Non dico di installare un pianoforte a coda in ogni sala operatoria d’Italia certo, ma credo che diffondere musica durante le sedute chirurgiche possa essere il futuro e rappresentare un beneficio per tutti”. Roberto Trignani è il direttore della divisione di Neurochirurgia dell’ospedale Torrette di Ancona, un reparto che oltre a occuparsi di adulti ha la particolare delega per l’area pediatrica. Oggi pomeriggio, poco dopo le 15, è uscito infatti dalla sala operatoria dell’ospedale materno-infantile Salesi (uno dei tre presidi che compongono l’azienda ospedaliera del capoluogo marchigiano) dove ha portato a termine l’intervento per la rimozione di un duplice tumore al midollo spinale su un bambino di dieci anni. Un intervento delicato, anche se non era la prima volta per lui, reso unico tuttavia da un esperimento mai tentato in Italia in una sala operatoria di chirurgia. Mentre Trignani e la sua équipe effettuavano l’operazione, all’interno dell’ambiente medico il maestro Emiliano Toso, un biologo molecolare che ha creato composizioni particolari, suonava il suo pianoforte producendo toni a 432hz.
Non solo le discoteche. Solinas ignorò lo stop anche su sagre e fiere. In Sardegna spunta un nuovo parere del Cts. Che bocciava l’ordinanza di luglio
Passano i giorni ma sulla gestione del Covid-19 in Sardegna le nubi si fanno sempre più nere. Dopo il caso delle discoteche aperte ad agosto e su cui indaga la Procura di Cagliari, rischia di deflagrare un nuovo bubbone che promette di creare imbarazzo al presidente di centrodestra Christian Solinas. Questa volta a fare clamore non sono le sale da ballo della Costa Smeralda ma le sagre e le fiere di paese su cui, stando a quanto emerge, si è consumato un primo strappo tra il governatore e il Comitato tecnico scientifico da lui stesso nominato. “Caro presidente Solinas, sentiti i membri del Comitato tecnico scientifico, le confermo che a parere del Comitato l’ordinanza 27 (riguarda il commercio al dettaglio, le attività balneari, i servizi di somministrazione di alimenti e bevande, ndr) è condivisibile, salvo cambiare ovunque le distanze interpersonali portandole ad almeno 2 metri e la non autorizzazione di fiere e sagre, che il Cts ritiene molto pericolose visto il possibile arrivo di numerosi turisti”. Un parere netto, datato 2 giugno scorso, e firmato dall’infettivologo Stefano Vella che temeva la ripartenza dei contagi. Timori a cui il governatore non ha ceduto perché a metà luglio, proprio quando l’isola si riempiva di turisti, ha riaperto sagre e fiere.
Dal Mes al debito pandemico. Adesso il Pd dà ragione ai 5 Stelle. Parla Romaniello (M5S)
Onorevole Cristian Romaniello, domenica David Sassoli ha rilasciato un’intervista a Repubblica. Pareva di sentire un parlamentare del Movimento cinque stelle… Inizialmente ho cercato conferme per accertare che non si trattasse di un errore, poi ho sorriso. Il tema della cancellazione del debito comprato dalla Bce è una delle nostre battaglie storiche. Oggi in particolare, nel mezzo di una pandemia, servono misure coraggiose ed è bene che se ne parli anche all’interno delle altre forze politiche. Diciamo così, il tempo è galantuomo: in passato ci hanno trattato come irresponsabili per aver posto un tema che oggi viene dibattuto ai massimi livelli istituzionali europei. Che sia il presidente dell’Europarlamento, però, a dire che il debito pandemico debba essere cancellato, apre una strada inaspettata, non crede? Come abbiamo sempre detto, l’opzione di cancellare il debito in pancia alla Bce è tecnicamente realizzabile e il dibattito di questi giorni lo dimostra. Politicamente temo che la strada sia in salita, perché bisognerebbe convincere i “Paesi frugali”. Tuttavia, fino a qualche mese fa nessuno avrebbe mai scommesso su un piano di acquisto di titoli della Bce da 1.350 miliardi. E invece è successo. Dobbiamo costruire un’Europa solidale ed espansiva, convincendo i Paesi austeri a investire su un’Unione del Welfare e della piena occupazione. In altre parole, ci hanno sempre chiesto “le riforme” e sacrifici. Forse è tempo di essere noi a chiedere riforme ai nostri alleati. Le parole di Sassoli chiudono definitivamente anche al Mes. Anche qui: aveva ragione il Movimento? È un altro tema su cui il tempo ci sta dando ragione. Abbiamo sempre pensato, sulla base dei trattati, che il Mes fosse uno strumento inadeguato e che la linea sanitaria non ne cambiasse la sostanza, proprio a motivo della sussistenza degli stessi trattati. Noto con piacere che su queste posizioni stanno arrivando tutti.
Coronavirus, dall’aerosol all’eparina: il protocollo sulle cure a casa
Misurazione periodica dell'ossigeno con saturimetri; non utilizzare idrossiclorochina; non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri; ricorrere a trattamenti sintomatici come il paracetamolo; non modificare terapie croniche in atto; corticosteroidi, eparina e antibiotici solo in precise situazioni; non sono raccomandati supplementi vitaminici e integratori (lattoferrina, vitamina D ecc) per cui non esistono evidenze solide di efficacia. Queste alcune delle indicazioni contenute nella bozza del documento “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SarsCov2” alla cui stesura ha contribuito il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli. A quali pazienti sono rivolte le indicazioni. Il documento sarà ora oggetto di confronto con le organizzazioni dei medici di medicina generale e la Federazione degli ordini dei medici. Le raccomandazioni si riferiscono alla gestione farmacologica in ambito domiciliare dei casi lievi di Covid-19 e si applicano sia ai casi confermati (con una conferma di laboratorio indipendentemente dai segni e dai sintomi clinici;), sia a quelli probabili (ovvero un caso che presenta criteri clinici compatibili con Covid-19 e abbia avuto un contatto probabile o confermato con un caso certo). Per caso lieve, si rileva nel documento, si intende: presenza di sintomi come febbre (minore di 37.5°C), malessere, tosse, faringodinia, congestione nasale, cefalea, mialgie, diarrea, in assenza di dispnea, disidratazione, alterazione dello stato di coscienza. I soggetti anziani e quelli immunodepressi, si avverte, possono presentare però sintomi atipici e quindi vanno valutati con particolare attenzione e cautela. Inoltre, i soggetti ad altro rischio di progressione, necessitano di una valutazione specifica sulla base dei fattori di rischio individuali.
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La verità sui numeri dei posti letto in Campania e sulla disponibilità di medici
Ecco come la Campania è diventata zona rossa in 72 ore. L’inchiesta sui numeri forniti dalla Regione Campania sui posti letto disponibili negli ospedali della Campania. Dai posti letto definiti “attivabili” ma che in realtà non esistono, al balletto delle cifre sui posti di rianimazione. L’accordo con la sanità privata che ha fatto fare un balzo in avanti ai posti letto disponibili. Dalla zona gialla alla zona rossa Covid in pochi giorni: così è andata in Campania. Il mese di novembre è stato caratterizzato dalla fase più dura della pandemia da Coronavirus. Tra ottobre e novembre è successo di tutto: il presidente della Regione Vincenzo De Luca è passato dall'invocare la zona rossa al rivendicare la zona gialla come suo merito, per poi capitolare sotto la pressione del governo nazionale che ha preso in mano la delicata situazione della Campania. Al centro ci sono i numeri forniti dalla Regione al governo. I numeri, perché è sui numeri che si prendono le decisioni, e se i numeri vengono comunicati in maniera sbagliata si rischiano di prendere decisioni in ritardo o peggio ancora inefficaci. Mentre per la Regione Campania la situazione era grave ma sotto controllo, abbiamo assistito alle file di ambulanze fuori ai pronto soccorso, a loro volta trasformati in veri e propri lazzaretti. Qualcosa nei conti non torna. È su questa base che il ministero della Salute ha inviato gli ispettori negli ospedali campani a verificare la situazione. Pochi giorni dopo, il 12 novembre, c'è stata la dichiarazione di zona rossa da parte del ministro Roberto Speranza che ha firmato l'ordinanza per Campania e Toscana. Ma quali sono i numeri reali? Per decidere in quale zona deve finire una regione (gialla, arancione o rossa) tra i parametri l'Istituto Superiore di Sanità ha la percentuale di posti letto di terapia intensiva e di degenza ordinaria occupati sull'intera disponibilità di posti letto del sistema ospedaliera di una singola regione. Se si supera il 30% delle terapie intensive e il 40% dei posti letto di degenza, scatta l'allarme. Il numero decisivo per fare queste proporzioni è quindi quello dei posti di terapia intensiva e di degenza ordinaria a disposizione di ogni singola regione.
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Il muro tra USA e Messico: la vera storia
Ha fatto il giro del mondo la straziante fotografia dell’uomo salvadoregno annegato con la figlioletta di due anni nel fiume Rio Grande, nei pressi di Matamoros, in Messico. Lo scatto è purtroppo simbolo della sofferenza e dei rischi che le migliaia di persone in fuga dal Centro America decidono comunque di affrontare per arrivare negli USA attraverso il muro messicano. L’obiettivo di questo viaggio della disperazione è quello infatti di ottenere una risposta positiva alla domanda di asilo, per scappare da persecuzioni e atrocità subite nei propri paesi. Il confine geografico e politico tra USA e Messico rappresenta perciò da sempre un crocevia affollato e problematico, che Donald Trump ha promesso di ripensare con un approccio drastico sin dagli inizi della sua campagna elettorale.
Alcune premesse. Finora la promessa di costruire un muro ha comportato di fatto “solo” in un’intensificazione dei controlli nei punti di passaggio e l’avviamento dei lavori concreti per il prolungamento di un primo tronco, per un costo di un miliardo e mezzo di dollari. L’innalzamento della sorveglianza ha causato di fatto un peggioramento notevole della situazione dei migranti: questi ultimi si trovano a sostare in attesa per lunghissimo tempo nelle pericolose città messicane. Vedono dunque nell’ingresso tramite le zone desertiche o i fiumi una speranza, seppure illegale, di entrare nel territorio statunitense.
Una frontiera da 1000 km. Un muro messicano, però, esiste già, anche se di fatto, per molti chilometri, non è che una struttura continua di recinti. Si chiama formalmente “barriera di separazione tra Stati Uniti d’America e Messico” ma viene anche detta “muro di Tijuana”, dal nome dell’omonima città. Oggi è lungo circa 930 km e corre lungo il confine geografico tra i due stati, che tocca invece i 3145 km di lunghezza, attraversando fiumi, catene montuose e deserti. Per circa 560 chilometri le barriere sono oggi composte da una semplice recinzione alta 5 metri, mentre per poco meno di 500 chilometri da una struttura più bassa che serve semplicemente a impedire il passaggio dei veicoli. Nel 2010, il lato statunitense del confine veniva presidiato da più di 20 mila guardie di frontiera, afferenti ai contestatissimi Border Patrol Agents che, comunque, riuscivano a tenere sotto controllo solo il 30% del confine.
Il muro ha quasi 30 anni. L’avviamento della costruzione delle barriere è riconducibile alla presidenza di George H. W. Bush che inaugurò i primi 23 km lungo il confine tra San Diego e Tijuana nel 1990. La struttura è però stata implementata dall’amministrazione di Bill Clinton, la quale, nel 1994, incluse il muro nella serie di operazioni portate avanti per ridurre il trasporto illegale di droghe e l’immigrazione e ordinò di erigere barriere in California, Arizona e Texas, regolamentando i flussi frontalieri con la legge Simpson Rodino. L’iniziativa di Clinton fu quella di aggiungere una presenza fissa di forze di polizia al confine. Con l’avanzamento tecnologico di questi anni, oltre alle barriere fisiche, a ridosso del muro gli USA hanno installato anche una “barriera virtuale” di sensori, telecamere e altri dispositivi di sorveglianza per controllare gli accessi attraverso il muro messicano.
E se Conte diventa capo del M5S?
Per ora siamo ai retroscena, un gradino sotto alle indiscrezioni. Scenari, ipotesi. Vero è però che se ne parla da mesi e mesi: potrebbe essere proprio Giuseppe Conte, l'avvocato di Volturara Appula nonché premier, il prossimo capo politico del Movimento 5 Stelle? Nel M5s alle prese con gli Stati Generali che ne certificano il passaggio a partito tradizionale, con un Di Battista motivato, con correnti in lotta per la "segreteria", Conte e Fico vengono vissuti come stabilizzatori, "capaci di dare una prospettiva di sopravvivenza fuori dalle infinite tribolazioni di questi mesi", scrive Ilario Lombardo sulla Stampa. "La coerenza delle proprie idee è senz'altro un valore, ma quando governi devi affrontare la complessità. Quindi bisogna avere il coraggio e l'intelligenza di cambiarle, le idee", e a volte questo "diventa un obbligo morale". Così il premier ieri ha parlato- da remoto, come tutti - agli Stati generali del M5S. L'obbligo morale si impone quando "la coerenza delle stesse idee fa male al Paese", rimarca il premier, "è la prova del nove è spiegare con chiarezza e in trasparenza perché il cambiare idea è una cosa giusta". "Alcune delle mie decisioni, non mi è sfuggito, non sono state totalmente in linea con le posizioni assunte nella vostra campagna elettorale. Sono i momenti in cui siete apparsi disorientati, in cui diciamolo chiaramente si sono create incomprensioni tra di noi. Ma quando governi devi confrontarti anche con la complessità".
La prova che la letterina di Tommaso Z. è vera? Il servizio di Barbara D’Urso
Rocco Casalino per rispondere a chi non crede che la letterina di Tommaso Z. sia stata scritta davvero da un bambino di 5 anni pubblica su Twitter il video che Palazzo Chigi ha pubblicato sul suo canale Youtube. Una clip di Barbara D’Urso che intervista il ragazzino. La letterina che Tommaso Z. ha scritto al premier Giuseppe Conte chiedendo se era possibile fare avere una autocertificazione speciale a Babbo Natale, in modo che possa viaggiare e consegnare i regali ai bambini di tutto il mondo è diventata un caso politico. Non tutti hanno creduto che le parole fossero proprio quelle di un bambino di 5 anni di Cesano Maderno. Tanto che la risposta di Conte è sembrata inopportuna: “Caro Tommaso, ho letto il tuo messaggio e voglio rassicurarti. Babbo Natale mi ha garantito che gia’ possiede un’autocertificazione internazionale: puo’ viaggiare dappertutto e distribuire regali a tutti i bambini del mondo. Senza nessuna limitazione”, risponde il premier, che aggiunge: “Mi ha poi confermato che usa sempre la mascherina e mantiene la giusta distanza per proteggere se stesso e tutte le persone che incontra. L’idea di fargli trovare sotto l’albero, oltre al latte caldo e ai biscotti, anche del liquido igienizzante mi sembra ottima. Una buona strofinata gli permettera’ di disinfettare ben bene le mani e di ripartire in piena sicurezza”. A Tommaso, il premier Conte confida di essere contento di sapere che lui e i suoi compagni rispettano “con scrupolo tutte le regole, in modo da proteggere anche mamma e papa’, i nonni, e le persone piu’ care. Per questo motivo – aggiunge il premier – ti annuncio che non sara’ necessario precisare nella letterina a Babbo Natale che sei stato bravo: gliel’ho detto io. Gli ho raccontato che quest’anno in Italia e’ stato un anno molto difficile e tu e tutti i bambini siete stati adorabili. Ho saputo anche che vuoi chiedere a Babbo Natale di mandare via il coronavirus. Non sprecare l’occasione di chiedere un regalo in piu’. A cacciare via il coronavirus ci riusciremo noi adulti, tutti insieme. Cosi’ tu e i tuoi compagni potrete tornare presto a giocare liberi e felici e ad abbracciarvi tutti. Spensierati come sempre. Un forte abbraccio, Giuseppe Conte”. Qualcuno ha addirittura insinuato che a scriverla sia stato Rocco Casalino. E proprio il portavoce del premier ha pubblicato su Twitter una prova inoppugnabile. Il canale youtube di Palazzo Chigi ha caricato il video di un servizio in cui Barbara D’Urso parla con Tommaso. Non è uno scherzo:
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Il commovente gesto di Black Panther, il cane che cerca di “rianimare” e salvare un gatto investito da un’auto
Lo tocca con il muso. Scodinzola come se lo volesse invitare al gioco. Lo accarezza con la zampa. Ma quel gatto non si sveglierà più. Quel micio è stato appena investito da un’auto ed è morto. Ma un cane, conosciuto come Black Panther, non si da pace. A raccontare questa triste storia sono le immagini di un video che ovviamente sono diventate virale su su Douyin, la versione cinese del social network TikTok. Ci troviamo in Cina, su una strada del Guangyuan. E’ notte. Le auto non si fermano. Rallentano giusto quando i loro fari mostrano nel buio quel cane che non si allontana dal micio morto. Alla fine il quattrozampe poco alla volta trascina quell’essere privo di vita sul bordo della strada. Almeno così ha evitato che i veicoli strazino quel corpo. Quando il proprietario del cane ha visto il video sui social media non è rimasto sorpreso: «Il mio Black Panther è un buon cane samaritano» . L’uomo poi ha raccontato ai media locali che il suo quattrozampe stava facendo una passeggiata da solo nella zona, come spesso gli capita di fare. E lì ha deciso di intervenire in aiuto di quel gatto. Da quel giorno ogni volta che il suo Black Panther torna in quel posto cerca il suo amico defunto, ignaro che il corpo è stato portato via dagli spazzini.
Covid, i numeri delle terapie intensive in Italia: in 11 Regioni reparti sopra la soglia critica di saturazione
Da qualche giorno la curva dei contagi da Covid-19 in Italia sembra stare finalmente rallentando, con l’indice di trasmissibilità Rt sceso a 1,4: nonostante ciò è ancora presto per parlare di una vera e propria decelerazione del contagio, anche perché ci sono altri indicatori che si avvicinano a un punto critico. Tra questi c’è il tasso di ricoveri nelle terapie intensive, che in 11 Regioni hanno raggiunto un livello di saturazione sopra la soglia critica, stabilita nel 30 per cento del totale di posti letto. Non va meglio se si considerano i ricoveri nei normali reparti Covid, visto che sono ben 14 le Regioni in cui la soglia critica (in questo caso del 40 per cento sul totale dei posti letto) è stata già superata. A dirlo è l’ultimo rapporto – aggiornato al 13 novembre scorso – dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), che dipende dal ministero della Salute. La situazione più preoccupante, secondo il monitoraggio di Agenas, è quella dell’Umbria. Qui, infatti, oltre il 54 per cento dei posti letto in terapia intensiva risulta occupato. A seguire la Provincia autonoma di Bolzano (53 per cento di saturazione), Lombardia (52 per cento), Piemonte (49 per cento), Liguria (47 per cento) e Toscana (45 per cento). Per quanto riguarda i posti letto nei normali reparti Covid, invece, la situazione peggiore è nella Provincia autonoma di Bolzano, dove il 97 per cento dei letti risulta occupato. Segue il Piemonte (90 per cento di saturazione), la Valle d’Aosta (79 per cento), la Liguria (73 per cento), la Provincia autonoma di Trento (68 per cento), le Marche (58 per cento) e l’Emilia-Romagna (52 per cento).
La sanità pubblica in Lombardia non funziona? Ci pensa il San Raffaele a far cassa: consulto Covid al telefono per 90 euro
Che il gruppo San Donato – 19 ospedali tra cui il San Raffaele, 1,65 miliardi di fatturato nel 2019 – non se la stia passando bene è più che evidente e gli indizi sono molteplici. C’è la recente frizione con Roberto Burioni, che al San Raffaele fa il ricercatore e che è stato sconfessato dal suo stesso ospedale perché ha osato dire che ci sarà anche la corsa al pronto soccorso, ma il numero dei morti non mente. Un dissociarsi che è parso strano, quasi incomprensibile, se non si riflette su un dato piuttosto semplice: il Covid non sta affatto arricchendo le casse del gruppo ma, al contrario, le sta impoverendo. Come raccontava il Fatto giorni fa, la Regione Lombardia sta rimborsando sulla base dei budget del 2019, quando non c’era il Coronavirus, e questo nonostante le spese sostenute dagli ospedali per fronteggiare la pandemia siano decisamente superiori. Nel frattempo, le altre attività chirurgiche e prestazioni varie del San Raffaele e di altri ospedali del gruppo sono ridotte. Ma non solo. I famosi pellegrinaggi dal resto dell’Italia nelle cliniche dell’eccellenza lombarda sono vertiginosamente calati per la paura del Covid e i rimborsi per i pazienti fuori regione stanno venendo a mancare. Insomma, il gruppo cerca di tamponare le perdite come può, anche con una comunicazione mirata a minimizzare l’emergenza. Da “il virus è clinicamente morto” a “Burioni non conosce la situazione perché non lavora in corsia”, è evidente che la linea sia quella di invogliare il meno possibile la popolazione a mettere piede in ospedale. E, naturalmente, si tenta di fare cassa offrendo servizi che dovrebbe fornire la sanità pubblica e che in Lombardia sono drammaticamente carenti, fin dalla prima ondata. I tamponi, tanto per cominciare. Che il gruppo San Donato fa pagare circa 90 euro, con una media di 1.000 tamponi al giorno. Il che fa circa due milioni e mezzo di euro al mese.
Retroscena TPI – Pd e M5S lavorano per un accordo alle comunali di Roma (senza Virginia Raggi)
Nonostante sia l’emergenza Covid il tema prioritario per i cittadini, ci sono partite politiche importanti da giocare da qui a breve, prima fra tutte quella tra Pd e M5s sulle future elezioni amministrative. Il gioco si fa duro per i giallo-rossi e il campo è, nemmeno a dirlo, Roma. È una partita ardua quella della Capitale: molti sono gli interrogativi e l’elettorato di centrosinistra potrebbe non digerire l’accordo con un Movimento 5 Stelle espressione della giunta Raggi. Dopo i famosi “7 nani” – definiti da molti nei mesi scorsi gli “autocandidati” alle primarie del centrosinistra – il Pd starebbe valutando altre opzioni. Secondo fonti del Partito Democratico, tre sono gli scenari possibili di cui si attendono sviluppi. La prima ipotesi, conseguenza naturale dell’accordo di governo, sarebbe quella di proporre un candidato comune che rappresenti l’alleanza, probabilmente una figura civica o una personalità politica che possa essere un trait d’union. In questo caso il Movimento dovrebbe sfilare l’attuale sindaca Virginia Raggi, possibilità sempre più accreditata da quando il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha esplicitato la sua propensione a voler far coincidere l’alleanza di governo con le future giunte comunali. Ad avallare la posizione dell’ex capo politico M5S, ci ha pensato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che, non avendo invitato la sindaca Virginia Raggi al tavolo sul Giubileo 2024, le ha implicitamente inviato un messaggio: “Non sarai tu a gestire il Giubileo.” In questa trattiva bisognerà quindi capire se l’anima movimentista del M5S cederà ai governisti. E all’interno del centrosinistra si dovrà tenere d’occhio quindi la decisione di Renzi. A lui, infatti, il compito di scegliere se scaricare Calenda, rimanendo fedele all’alleanza di governo, o supportare il leader di Azione. Il secondo scenario riguarda proprio la candidatura di Carlo Calenda.
De Cecco sott’inchiesta: grano francese fatto passare per pugliese
Finiscono sott’inchiesta i vertici del colosso alimentare di Fara San Martino, De Cecco. La Procura di Chieti apre un fascicolo per frode in commercio. Il fascicolo è stato aperto nei confronti del pastificio De Cecco che produce la rinomata pasta della famosa famiglia abruzzese. Gli avvisi di garanzia. La procura ha spiccato tre avvisi di garanzia nei confronti del presidente Filippo Antonio De Cecco, di Mario Aruffo, direttore acquisti, e Vincenzo Villani, ex direttore controllo qualità. Al setaccio hard disk e posta elettronica. I Nas hanno passato al setaccio hard disk e posta elettronica aziendale. Ai carabinieri risulterebbe che a svariate tonnellate di grano importato dalla Francia sarebbe stata cambiata origine, facendolo, dunque, risultare come grano pugliese, e dunque italiano. Il tutto senza comunicare adeguatamente al consumatore la scelta. La scure dell’Antitrust. A gennaio scorso l’Antitrust aveva ritenuto fuorvianti le informazioni sull’origine del grano. A De Cecco viene ordinato di modificare le etichette e i rispettivi siti. “Così da garantire al consumatore una informazione completa, fin dal primo contatto, sull’origine del grano utilizzato nella produzione della pasta”. Grano che, tra l’altro, arriva anche da Canada, California, Arizona.
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