Un’inchiesta al giorno. Ora in Lombardia tocca alle mascherine. Nel mirino le forniture in Regione. Truffa e frode le ipotesi di reato
Non bastavano i test sierologici, ora spuntano anche le mascherine. A quanto pare in Lombardia si va avanti a ritmo di un’inchiesta al giorno. Per quanto sia ovviamente un riferimento iperbolico, è certamente impressionante il numero delle indagini aperte. L’ultima, ieri. La procura di Milano ha aperto un’indagine in seguito a un esposto presentato da Adl Cobas Lombardia per accertare, tra le altre cose, l’idoneità, i costi e l’aggiudicazione della fornitura delle mascherine prodotte dalla Fippi di Rho, un’azienda di pannolini che ha riconvertito la produzione su commissione di Regione Lombardia. L’inchiesta, nella quale sono ipotizzati i reati di truffa e frode nelle pubbliche forniture a carico di ignoti, è coordinata dai pm Mauro Clerici e Giordano Baggio. I quali, per ora, hanno delegato i militari del Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Milano a compire accertamenti relativi, per esempio, alla quantità di mascherine prodotte, alla loro idoneità e alla loro certificazione e alle modalità con cui è stata affidata la commessa.
Strada spianata verso il Raggi bis. Il doppio mandato non è più un tabù. Il reggente Crimi apre la discussione nel Movimento. E trova il consenso dei consiglieri M5S di Roma
Dopo l’apertura di Vito Crimi alla cancellazione del doppio mandato per le cariche elettive, si apre uno spiraglio inaspettato per il Raggi bis. Proprio in queste ore nel Movimento si discute sull’opportunità di rivedere la regola nata per fare da contraltare alla casta, da sempre incollata alle sedie, ma che nei fatti rischia di paralizzare i sindaci grillini perché impedisce loro sia di raccogliere i frutti del duro lavoro svolto che di portare a termine un cambiamento che, per ovvie ragioni, non può avvenire nell’arco di un singolo mandato. Parole, quelle del reggente, che hanno trovato il gradimento del M5S capitolino con in prima fila il consigliere Paolo Ferrara secondo cui: “Vito Crimi è una persona capace che in questi anni ha dato tanto a questa avventura civica e politica. Quando parla di dare un terzo mandato ai sindaci non può che pensare al bene del MoVimento 5 Stelle ma prima di tutto dei cittadini”. A spiegare meglio cosa ci sia in ballo è il consigliere Annalisa Barnabei che ieri ha detto di essere a favore della proposta perché “penso che sia giusto mettersi in gioco per la seconda volta da sindaco. Una persona che fa politica per cinque anni, e non parlo solo di Roma, ha fatto del bene per la sua città, ne sta raccogliendo i frutti e ha messo le basi per continuare a raccoglierne altri dovrebbe avere la possibilità di continuare a farlo”.
Perché Vincenzo De Luca non ha firmato l’intesa con il governo sulla riapertura nelle Regioni
«Che significa liberi tutti? La Campania non ha firmato nessun accordo col governo, non si può scaricare responsabilità sulle Regioni»: Vincenzo De Luca a Mezz’ora in più da Lucia Annunziata svela un retroscena sulla riapertura differenziata concordata da Giuseppe Conte con gli enti locali ieri. Che ci fa anche capire com’è andata la Trattativa Stato-Regioni e perché a un certo punto l’esecutivo ha fatto un passo indietro. «La Regione Campania non ha firmato l’intesa con il governo, voglio correggere un’informazione che è girata in queste ore: ‘Raggiunto l’accordo Regioni-Stato’? La Campania non ha firmato alcun accordo, la Campania non è d’accordo. Perché io ritengo che su alcune norme di sicurezza generale debba pronunciarsi il ministero della Salute. Poi è chiaro che deve esserci una flessibilità regionale, ma sulle norme fondamentali non è possibile che il ministero della Salute e il governo scarichino le decisioni sulle Regioni», ha spiegato De Luca. E sulla data del 3 giugno che consente la riapertura dei confini regionali ha detto: “Deciderò il 2 in base alla situazione epidemiologica”.
Fase 2, Raggi: “Segnaletica orizzontale per evitare assembramenti”
La sindaca di Roma lancia l'idea di scritte sull'asfalto per aiutare a mantenere le distanze: sono fatte con vernici atossiche. La sindaca di Roma Virginia Raggi mostra su facebook alcune delle nuove grafiche che l’amministrazione capitolina sta realizzando in città per far rispettare le distanze di sicurezza. “Possiamo essere vicini anche rispettando le distanze”. È il messaggio che stiamo diffondendo”, dice Raggi, indicando quelle davanti all’ufficio centrale dell’Anagrafe in via Petroselli e nel mercato di via Cola di Rienzo, nel quartiere Prati. “In questo momento – aggiunge Raggi- è molto importante continuare a mantenere il distanziamento fisico per limitare al massimo il rischio di contagio. È per questo che abbiamo pensato di disegnare queste scritte “droplet”, con vernici atossiche, che ricordano la distanza da tenere in modo semplice ed efficace. Voglio ringraziare il presidente della commissione capitolina Commercio Andrea Coia e la società Jungle che sta realizzando gratuitamente queste scritte. Stiamo cercando di rendere questa ‘Fase 2’ più facile da affrontare per tutti i cittadini. Sono certa che i romani continueranno a comportarsi con responsabilità, come hanno già fatto nella prima fase dell’emergenza”.
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Predicano bene e razzolano male. La Taverna ridicolizza Forza Italia sulla fiducia al ministro Bonafede
Predicare bene e razzolare male. Questo in sostanza il pensiero del vice presidente M5s del Senato, Paola Taverna (nella foto) che su Facebook, con un breve e deciso post, ha messo a nudo tutte incongruenze di Forza Italia sul tema della giustizia. “Quando sfiduci un Ministro della Giustizia e chiedono l’arresto di due suoi parlamentari!” scrive divertita la grillina aggiungendo che questo è un chiaro esempio di “eterogenesi dei fini” ossia il concetto, formulato dal filosofo Wilhelm Wundt, che descrive una serie di “conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali”. Il post al vetriolo della grillina arriva a seguito della richiesta degli arresti domiciliari per corruzione nei confronti dei parlamentari forzisti Luigi Cesaro e Antonio Pentangelo.
Coronavirus e quel buco lungo 10 anni. Dal 2010 l’Italia è senza Piano pandemico nazionale. Ora l’atto dei Cinque Stelle che potrebbe finalmente colmare la lacuna
È sicuramente anche per questo inspiegabile buco che l’Italia ha pagato un prezzo altissimo, anche in termini di vite umane, nell’emergenza sanitaria Covid-19: per 10 anni l’Italia non ha mai aggiornato il suo Piano Pandemico nazionale. Ora, grazie ad un ordine del giorno presentato dalla deputata Stefania Mammì (Movimento 5 Stelle) ed approvato venerdì scorso, tale lacuna potrebbe essere colmata. L’atto della parlamentare chiede, infatti,, di valutare l’opportunità, nei tempi più stretti possibile, la revisione del precedente Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, sostituendolo con un nuovo Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia da Sars Cov-2 (Covid-19) e nuove Linee Guida per la stesura dei Piani Pandemici regionali, “al fine di consentire una risposta adeguata e più efficace rispetto all’attuale situazione pandemica e agli eventuali futuri picchi di epidemia”. Bisogna sapere, infatti, che nel 2003 proprio per contrastare l’insorgere di una pandemia influenzale, l’OMS avevo raccomandato a tutti i Paesi di sviluppare un Piano pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo le linee guida concordate.
Sono 163 i medici morti a causa del Coronavirus insieme a 40 infermieri. Oltre 25mila gli operatori sanitari contagiati dall’inizio dell’emergenza
Dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus hanno perso la vita 163 medici e 40 infermieri. Il dato dei medici caduti è aggiornato, a partire da marzo, sul sito della Fnomceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, che resterà listato a lutto in loro memoria. “Nell’elenco – spiega il presidente Filippo Anelli – si è deciso di includere tutti i medici, pensionati o ancora in attività, perché per noi tutti i medici sono uguali e uguale è il cordoglio per la loro perdita. Alcuni dei medici pensionati, inoltre, erano rimasti o erano stati richiamati in attività; alcuni di loro avevano risposto a una chiamata d’aiuto. Perché non si smette mai di essere medici, lo si resta sino in fondo e per tutta la vita”. Per quanto riguarda gli infermieri, il numero dei decessi viene riportato dalla Fnopi, la Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche. Il settore sanitario è per forza di cose la categoria lavorativa più colpita. Secondo l’ultimo bollettino della sorveglianza integrata dell’Istituto superiore di sanità e Istat, su 221.133 casi di Covid-19 registrati al 13 maggio, 25.446 riguardavano operatori sanitari.
Meloni e Salvini per lo stesso partito
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a molto più che un cambio di governo. Si è ridisegnata la geografia politica italiana, all’interno e all’esterno dei partiti. Tutti concentrati su Giuseppe Conte e sulla sua abilità di restare in sella a un’alleanza prima gialloverde e poi giallorossa, e nessuno a rilevare che, tanto a sinistra quanto a destra, è accaduto qualcosa di particolare. Innanzitutto a sinistra. Vi ricordate il Pd di Renzi, Calenda, Zingaretti e Bersani? Altro che «ircocervo» di crociana memoria. Ebbene, come previsto in un articolo del 10 agosto su Huffpost, l’alleanza con il M5S ha pulito il campo. Via Renzi e via Calenda. Bersani era già altrove (e si è riavvicinato). E voilà, ecco un Pd presentabile come forza di centro-sinistra, che sale nei sondaggi e aiuta anche il M5S a chiarirsi le idee. Renzi è lì, attaccato al Governo, utile a se stesso e utile agli altri, quasi fuori gioco. Ogni tanto strilla, per attirare l’attenzione, ma la sua esistenza politica è legata a quella del Governo e lui lo sa.
Perché adesso il virus mette nel mirino gli under 30
La Corea del Sud ripiomba nell’incubo pandemia. Sono oltre 130 i contagi collegati al focolaio localizzato nel quartiere dei locali di Itaewon, nella capitale Seul. Il loro numero sale giorno dopo giorno, di pari passo con i migliaia di test effettuati quotidianamente per scovare ogni potenziale infetto. ”Dal 6 maggio scorso, quando è emerso il focolaio di Itaewon, sono stati fatti 35 mila test per il coronavirus connessi alla diffusione del contagio relativo al quartiere notturno, 15 mila dei quali solo ieri”, ha spiegato un alto funzionario del Ministero della Salute di Seul, Yoon Tae-ho. Adesso le autorità sudcoreane stanno incoraggiando i frequentatori della zona, dove ci sono anche molti locali gay, a sottoporsi al test, ma molti sono riluttanti a uscire allo scoperto per il timore dello stigma sociale.
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Negozi, amici, spostamenti, spiagge: cosa (e come) si può fare da lunedì
Dai bar ai ristornati, dai negozi e alle spiagge: cadono molti divieti, ma obbligo di mascherina se si è più vicini di un metro. Operatori con il termoscanner per la febbre. Dal 3 giugno sì agli spostamenti in tutta Italia. Liberi tutti, ma non troppo. Perché è vero che da lunedì 18 maggio ci si potrà muovere all’interno della propria regione di residenza senza dover giustificare lo spostamento, però le regole da rispettare per il contenimento del contagio da coronavirus sono ancora tante e riguardano soprattutto il mantenimento della distanza tra le persone e l’obbligo di indossare la mascherina quando non è possibile stare lontani almeno un metro. Si andrà al bar e al ristorante, in albergo e a fare acquisti, si potrà fare sport all’aperto e andare nei parchi, tagliarsi i capelli e curare la persona, andare dall’estetista e vedere gli amici. Si potrà anche andare al mare. Ma bisognerà osservare tutte le prescrizioni e soprattutto rimanere a casa se si ha la febbre oltre i 37,5 c° oppure altri sintomi sospetti. La parola d’ordine rimane una: distanza. Perché è questa - gli scienziati concordano - la precauzione più efficace per evitare il droplet (le goccioline che trasmettono il virus Sars-Cov-2).
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Coronavirus, l’equivoco delle mascherine non chirurgiche, ma solo filtranti. In farmacia: “La differenza? Nei certificati, ma sono in cinese…”
Il decreto Cura Italia aveva introdotto un prodotto che non ha bisogno di nessuna certificazione. Quindi non offre garanzia alcuna su filtraggio e impermeabilità, neanche in uscita. Non sono dispositivi medici come le sorelle maggiori e non si scaricano dalle tasse. Ma sono quello che la maggior parte dei rivenditori ha potuto offrire sul mercato in questi mesi. E la maggior parte dei consumatori non ha percepito la differenza. In farmacia, al supermercato e ora perfino dal tabaccaio. Le mascherine chirurgiche, modello base, simbolo di libertà e uguaglianza in questa pandemia, se davvero torneranno reperibili sono destinate a diventare un oggetto al 100 per cento socialpopolare. Complice non tanto il prezzo calmierato, quanto il fatto che chi le indossa dovrebbe proteggere chi incontra filtrando oltre il 90% di quello che esce dalla sua bocca e viceversa, con anche un effetto simbolico davvero azzeccato. Peccato però che questo effetto non sia garantito da tutte le mascherine in commercio. Anzi, la garanzia c’è solo se si indossano delle chirurgiche di nome e di fatto, che sono un dispositivo medico e di protezione individuale con tanto di certificazione (o autocertificazione) e sono detraibili dalle tasse.
‘Mafie vogliono comprare l’economia sana sfruttando l’emergenza. Urgente abolire il contante per fermarle’. ‘Basta soldi sporchi’: la petizione contro le banconote. Firmano anche il pm Sabella e il deputato Fratoianni
Sulla piattaforma Change.org, il gruppo "Eroi Fiscali" chiede di rinunciare al contante per interrompere "traffici di ladri, truffatori, rapinatori", far emergere l'evasione e "mettere in circolo grandi liquidità nascoste". Tra i firmatari anche il magistrato esperto investigatore antimafia e il deputato di Leu. Ha rilanciato l'appello anche il direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez. Dopo la pandemia, concordano gli esperti, saranno necessari molti cambiamenti: nel nostro modo di spostarci, di lavorare, di incontrarci. Secondo il gruppo “Eroi Fiscali” però, un cambiamento è particolarmente urgente: smettere di usare i contanti. In una petizione lanciata su Change.org (qui il link) e indirizzata al Parlamento, chiedono di completare la transizione dal denaro contante a quello elettronico. Tra i primi firmatari della petizione ci sono: il magistrato Alfonso Sabella, il deputato di Leu Nicola Fratoianni e l’ex parlamentare e vicepresidente della Camera Pierluigi Castagnetti.
La fase due della cattiveria. Segno (purtroppo) del ritorno alla normalità
La pubblicità di un noto panettone raccomanda “fate i buoni” nella più importante delle giornate della bontà, il Natale, cui seguono le feste buoniste dei papà e delle mamme, dei fidanzati, dei volontari, della donna, della fame, dell’infanzia. L’ideale sarebbe dunque un calendario della bontà lungo 365 giorni, almeno per rinnovare un impegno. Ma siccome non siamo santi, si potrebbe eleggere il 29 febbraio (non ce ne vogliano i nati in questo giorno) a giornata nazionale della cattiveria (solo ogni quattro anni, nel bisestile, per festeggiare l’anno del coronavirus) in cui dare libero sfogo a rabbia, insulti, calunnie, cinismo, razzismo, xenofobia e falsità. Tutto permesso, tranne la violenza, per ventiquattro ore (ma sì, anche di notte, abbondiamo, direbbe Totò), con amnistia finale e senza obbligo di scuse, smentite, correzioni di giudizi. Ci pensate? Poter dire ai quattro venti che Silvia Romano se l’è spassata per due anni con i terroristi somali, che la Bellanova è un’amica degli scafisti, che Gualtieri è il cameriere dalla Merkel, che Salvini è uscito dal laboratorio di Wuhan? Dopodiché si ricominci a parlare, giudicare, correggere, criticare in modo civile, possibilmente facendo parlare fatti, dati, riscontri, non solo slogan e pregiudizi, riservandosi libertà di sarcasmo, per sostenere che il professor Burioni merita il Nobel della medicina, che Di Maio ha un problema con il congiuntivo, Conte con i congiunti e Toninelli con Toninelli.
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L’ospedale alla Fiera di Milano: 25 milioni per tredici ricoveri
Dopo qualche avvisaglia nei giorni scorsi e il sarcasmo dei medici che segnalavano come ospitasse tre pazienti in totale e si volesse chiuderlo entro un paio di settimane, oggi Repubblica fornisce un altro dato sull’ospedale alla Fiera di Milano per il quale in Regione Lombardia cominciano ad essere molto nervosi. La struttura che avrebbe dovuto far invidia a Wuhan e che avrebbe dovuto ospitare 500 posti letto poi ridotti a 200 oggi vede ricoverate ben tre persone. L’ospedale alla Fiera di Milano: 25 milioni per tredici ricoveri. Alessandra Cotica calcola che ora quindi quelle tre persone hanno più di 8mila metri quadrati a testa a disposizione: altro che distanziamento sociale! L’edificazione dell’ospedale è costata 21 milioni di euro (in donazioni di privati) mentre il totale è arrivato a 25 milioni. Dalla sua inaugurazione con assembramento però ha ospitato la bellezza di 13 pazienti per un costo a paziente di appena due milioni di euro.
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La faccia tosta di Salvini e Meloni che strillano per il MES e si astengono sui Recovery Fund
Via libera a larga maggioranza del Parlamento europeo alla risoluzione sul Bilancio Ue e sul Recovery Fund. La risoluzione è stata approvata con 505 voti a favore, 119 contrari e 69 astenuti. La risoluzione chiede che il Recovery Plan sia fondato su sussidi e pagamenti diretti agli stati colpiti dalla crisi economica legata alla pandemia, con risorse proprie fino al 2% del PIL dell’UE e con un fondo per la ripresa da 2 mila miliardi. L’ok del parlamento UE al Recovery Fund. Nella risoluzione i deputati chiedono che il nuovo “fondo di ripresa e trasformazione” debba avere una dimensione di 2.000 miliardi di euro, venga finanziato “attraverso l’emissione di obbligazioni a lungo termine” e sia erogato “attraverso prestiti e, soprattutto, attraverso sovvenzioni, pagamenti diretti per investimenti e capitale proprio”. ......................... Lega e Fratelli d’Italia si astengono, Forza Italia vota sì. Il centrodestra si è spaccato sul voto per il Recovery Fund. La delegazione della Lega al Parlamento Europeo ha deciso di astenersi sulla risoluzione. L’annuncio arriva dopo una mattinata in cui le voci di una possibile astensione sono circolate con insistenza, a Bruxelles. Mercoledì, durante il dibattito in Aula, gli interventi degli eurodeputati del partito guidato da Matteo Salvini sono stati molto critici e la delegazione era orientata a votare contro, a quanto si era appreso da fonti leghiste. In questo modo, però, l’opposizione al governo Conte a Bruxelles si sarebbe spaccata in tre, su un tema centrale per l’Italia come il Recovery Fund. Ora la Lega si astiene, come dovrebbe fare Fratelli d’Italia, mentre Fi dovrebbe votare a favore, come i partiti della maggioranza (Pd, Iv, M5S).
La lite tra Salvini e Meloni per la manifestazione del 2 giugno
Matteo Salvini e Giorgia Meloni si contendono la mobilitazione del 2 giugno, giorno della Festa della Repubblica. Fratelli d’Italia annuncia una manifestazione e subito dopo la Lega si accoda, con il Capitano che addirittura toglie il simbolo del Carroccio dal manifestino. La lite tra Salvini e Meloni per la manifestazione del 2 giugno: Non è la prima volta che i due che si contendono il piatto del sovranismo all’italiana litigano sulla piazza. A ottobre fu Salvini a organizzare a San Giovanni una grande kermesse alla quale aderirono anche Berlusconi e Meloni che in un primo momento non voleva nemmeno salire sul palco con i simboli leghisti. Alla fine ci era salita con una bandiera tricolore appoggiata sul podio per coprire l’Alberto da Giussano. E si prese la scena con quel “rap” «io sono Giorgia, io sono donna, sono madre».
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Il tumore ai tempi del Covid-19, tra visite rinviate e paura del contagio
Il timore di dover rinunciare a controlli ed esami, di essere piu’ esposti al rischio di contagio a causa delle terapie, di non ricevere adeguate protezioni all’interno delle strutture sanitarie. Oltre alle preoccupazioni per le incertezze del futuro, legate in particolare alla possibile non continuita’ delle cure e alla situazione economica e lavorativa. Con questi sentimenti hanno convissuto e tuttora convivono durante l’emergenza Coronavirus gli oltre 3.500.000 italiani con diagnosi di tumore, secondo il sondaggio online realizzato nell’ambito del progetto ‘La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere’ che, grazie al supporto delle 30 associazioni promotrici, ha coinvolto 774 pazienti su tutto il territorio nazionale. Obiettivo della ricerca: far emergere il punto di vista, l’esperienza e le esigenze dei pazienti oncologici e onco-ematologici al tempo del Covid-19, in vista di un percorso di tutela concreto e agevole dopo la fase piu’ acuta dell’emergenza.
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Bei sovranisti sul Recovery Fund. Lega e FdI astenuti, schiaffo all’Italia. Sì del Parlamento Ue al fondo anticrisi da 2mila miliardi. Un passo verso la soluzione invocata dal nostro Paese
Del pacchetto di tre strumenti già concordati dall’Eurogruppo del 9 aprile, e adottati dal Consiglio europeo il 23 in risposta alla crisi economica generata dalla pandemia, ne restano di fatto solo due: la linea di credito per le spese sanitarie del Mes e il dispositivo Sure per il sostegno ai sistemi nazionali di cassa integrazione. Dal vertice dei 27 paesi che si è tenuto ieri ancora nulla di concreto, dunque, per i prestiti alle imprese finanziati dalla Banca europea degli investimenti (Bei) che slittano ulteriormente e partita ancora da giocare sul Recovery fund, nonostante su quest’ultimo vi fosse anche il sostegno del Parlamento europeo. IL SEGNALE. L’assemblea di Bruxelles ha infatti approvato ieri a larghissima maggioranza (505 voti a favore, 119 contrari e 69 astensioni) una risoluzione che chiede un fondo per la ripresa da duemila miliardi di euro finanziato attraverso l’emissione di obbligazioni garantite dal bilancio Ue aggiuntivo rispetto al Piano Finanziario pluriennale 2021-27.
Conto alla rovescia per la Fase 2. Lunedì riparte l’Italia. Spostamenti, ristoranti e bar. C’è l’accordo con i governatori
Una corsa contro il tempo. Il 18 maggio, vale a dire la data stabilita per far ripartire il Paese, è davvero a una manciata di ore, e occorre farlo in sicurezza, dando regole certe a imprese e cittadini. È stato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ieri mattina, durante la riunione con i presidenti di Regione, a indicare i parametri entro i quali i governatori potranno muoversi da lunedì riguardo alle misure da adottare. Ma il Consiglio dei ministri per varare il decreto legge che servirà a restituire alle Regioni i poteri per riaprire, inizialmente convocato per le 12 è slittato invece in serata: non è bastata la cabina di regia fra Governo ed enti locali che della mattinata per mettere a punto l’impianto complesso della legislazione che regolerà la fase 2, è stato necessario convocarne una seconda alle 19.30.
Il lockdown non ferma i transfughi dell’Aula: Scoma da FI a Renzi
Dal 10 marzo, inizio dei limiti ai movimenti, in Parlamento già sei cambi di casacca. L’ultimo il deputato ex azzurro: «Forza Italia senza dialogo, Italia viva è giovane». Pandemia e lockdown paralizzano (quasi) tutto, ma non i cambi di casacca in politica. Dal Parlamento alle regioni. Prima fra tutte la Sicilia. Dove Forza Italia ha appena perso un cavallo da traino come Francesco Scoma. Inseparabile amico di Gianfranco Miccciché sin dagli anni Novanta. Adesso transitato a 58 anni con i suoi ventimila voti alla Camera nel partito di Renzi. Siamo così alla sesta piroetta politica in meno di due mesi. I cambi da marzo.
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Il ragionamento inoppugnabile di Bonafede: “Come faccio a riarrestare più di 400 boss se ne hanno scarcerati solo 400?”
Il ministro Bonafede è andato ieri alla Camera dei deputati per rispondere su questo pasticcio delle scarcerazioni. In cosa consiste il pasticcio? Nel fatto che i magistrati, applicando la legge vigente (dal 1930) hanno scarcerato alcune centinaia di persone. Per ragioni di salute. Quasi tutti anziani, quasi tutti a fine pena, tutti malati. Giornali e politici si sono indignati, naturalmente, e hanno iniziato a litigare furiosamente tra loro. A litigare per conquistare la palma del più indignato. Senza conoscere bene né la legge, né l’elenco degli scarcerati. Hanno detto che erano 400 boss della mafia, ma poi si è scoperto che quelli condannati per mafia sono una decina e che nessuno di loro risponde di omicidio e quindi forse proprio boss boss non sono. Poi hanno detto che li aveva scarcerati il Dap, poi hanno detto che li aveva scarcerati il governo. (Naturalmente non è vero: il potere di scarcerare, per ora, spetta solo ai tribunali di sorveglianza o ai Gip).
Il Trentino è diventato uno dei territori con contagio più basso d’Italia, ma per un errore
Il Trentino è passato da una media di rapporto contagi/tamponi superiore al 4 per cento (il 28 aprile), a quella dello 0,14 per cento dell’11 maggio, risultando stabilmente la più bassa di tutte. Come è stato possibile che in così poco tempo si sia avuto un drastico crollo della curva del contagio in una delle zone più problematiche del Paese? La testata online “Ildolomiti.it” ha rilevato le prime incongruenze. “Trento dal 4 maggio inserisce nella casella che si chiama ‘incremento di casi totali’ della Protezione civile – si legge sul sito della testata – “non l’incremento dei casi totali, ma l’incremento dei nuovi casi con sintomi insorti negli ultimi 5 giorni. E così, se i ‘casi totali’ del 3 maggio (il giorno prima del cambio di conteggio) segnalati alla Protezione civile erano 66, il 4 maggio i nostri ‘casi totali’ comunicati sono diventati 6 (nonostante i ‘casi totali’ veri fossero 55)”.
L'ultima follia di Gallera: chiede ai lombardi di farsi i tamponi da soli. Ma pagando 70 euro
“I numeri bisogna saperli leggere con attenzione. Il dato importante è l’indice di contagio, e noi su quello siamo tra le migliori regioni”. La battuta, degna del Crozza più in forma, l’ha pronunciata ieri il presidente della regione Lombardia Attilio Fontana, ma era una citazione di una frase già pronunciata dal prode Giulio Gallera giorni fa, perché i due hanno molti difetti ma di una cosa tocca dargli atto: nel dire boiate hanno una coesione che ha del commovente. Ora, per chi non lo sapesse l’indice di contagio è il rapporto tra la popolazione e i contagi accertati. La Lombardia ha 10 milioni di abitanti. Secondo InTwig, società bergamasca che ha integrato il numero dei decessi nelle provincie di Bergamo, Brescia, Cremona e Milano con i dati Istat e con i livelli di contagio da Covid19, i contagiati nella regione non sono stati 80mila come da dati ufficiali, ma oltre il milione. Più di UN MILIONE. È facile, fingendo di dimenticare quanti lombardi hanno invocato il tampone mentre erano mezzi morti, bullarsi di quanto poco (ufficialmente) si sia diffuso il virus rispetto alla popolazione. Ma sorvoliamo.
Luigi Cesaro e Antonio Pentangelo: la richiesta di arresto per due parlamentari di Forza Italia
La procura di Torre Annunziata ha inviato alla giunta per le autorizzazioni di Camera e Senato una richiesta di custodia cautelare emessa nei confronti del senatore Luigi Cesaro e del deputato Antonio Pentangelo nell’ambito di una inchiesta per corruzione in cui sono stati eseguiti altri 6 provvedimenti cautelari. I fatti contestati risalgono al 2015. Cesaro e Pentangelo sono coinvolti in quanto all’epoca dei fatti presidenti della Provincia di Napoli.
Le fregnacce di Salvini sulla sanatoria che regolarizza “indiscriminatamente” gli stranieri
Ieri Roberto Maroni ci ha tenuto a spiegare affinità e differenze tra la sanatoria del governo Conte per lavoratori agricoli, colf e badanti e i bei tempi in cui era la Lega a regolarizzarli nel governo Berlusconi. L’ex ministro dell’Interno in un post pubblicato sull’Huffington Post ha segnalato che i passaggi fondamentali della legge di Bellanova e Conte (o come recita il decreto della “emersione dei rapporti di lavoro”) «sono stati presi paro paro da un altro decreto, fatto nel 2009 dal governo Berlusconi: il DL 78/09 convertito nella legge 3 agosto 2009 n.102. State a sentire».
La sanatoria di Conte e Bellanova è uguale a quella di Maroni e Berlusconi ma Salvini non se ne è accorto.
Intesa tra Governo e Regioni sulla cassa integrazione in deroga
“Accordo raggiunto fra Governo e Regioni sulla cassa integrazione in deroga“. Lo ha annunciato il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, che ha siglato con il Governo, rappresentato dal ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia e il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo, un accordo politico che spiana la strada alle norme in materia che saranno inserite del DL Rilancio. “L’obiettivo che ha accomunato Stato e Regioni e’ quello- spiega Bonaccini- di individuare procedure e strumenti che possano far arrivare nel piu’ breve tempo possibile i soldi della cassa integrazione in deroga nelle tasche di chi ne ha diritto. In questo frangente abbiamo utilizzato buonsenso e responsabilita’ perche’ l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questa fase e’ un pericoloso scaricabarile”. Dopo la riunione di ieri fra alcuni rappresentanti della Conferenza ed i ministri Francesco Boccia e Nunzia Catalfo si e’ convenuto dunque sull’opportunita’ di condividere un accordo con il Governo per inserire nel Dl Rilancio una norma che elimini passaggi superflui.
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CoronaCaos in Calabria. I tamponi congelati sono 1.500. La Santelli si difende, ma il servizio non c’è. E il ministero della Salute spedisce gli ispettori
Da una parte Jole Santelli che preferisce al momento non pronunciarsi, dall’altra i Cinque stelle che non hanno alcuna intenzione di mollare la presa sul giallo del monitoraggio dei contagi da coronavirus. E a quanto pare dello stesso avviso è anche il ministero della Salute che ha già inviato ispettori per capire cosa ci sia dietro il mistero dei tamponi messi in frigorifero e non analizzati. Anche perché ora emerge un altro dettaglio non di poco conto: secondo documenti ufficiali del Dipartimento della Salute pubblica della Regione Calabria, consultati da La Notizia, sarebbero ben 1.500 i tamponi in attesa ancora di essere analizzati. L’ESPOSTO E LE FAKE NEWS. Per capire cosa sta accadendo in Calabria bisogna fare un passo indietro. Tutto nasce, come ricostruito pochi giorni fa anche dal nostro giornale, da una denuncia del deputato pentastellato Francesco Sapia che deposita un esposto in Procura e uno alla Corte dei conti dopo aver ricevuto un audio di un operatore del Pronto soccorso.
Le mascherine farsa della Regione Toscana. Non sono protettive. Per fornire tutti i dispositivi sono stati spesi finora oltre 33 milioni
La Regione Toscana è stata una delle prime ad intuire la necessità di distribuire Dispositivi di Protezione Individuale alla popolazione. Ed il governatore Enrico Rossi, infischiandosi di tutte quelle malelingue che legavano questa manovra con le prossime elezioni regionali (a cui peraltro neanche dovrebbe partecipare), è andato orgogliosamente dritto per la sua strada. Il risultato, però, dopo già varie distribuzioni, è quello che si vede nella foto accanto, che arriva direttamente da una farmacia toscana: “Le presenti mascherine – recita il bigliettino apposto sul lotto – non sono da considerarsi né Dispositivi Medici né Dispositivi di Protezione Invidivuale”. Una specifica che inevitabilmente fa sorgere più di un dubbio.
Stampa senza speranza!
In un Paese normale, un Governo che vara una delle manovre finanziarie più poderose di sempre raccoglie gli applausi. Ma di normale in Italia non è che ci sia rimasto molto, e così ieri in tutti i talk show televisivi, di qualunque canale, è stato un tiro al bersaglio contro il provvedimento, con la solita compagnia di giro di opinionisti riusciti ad andare oltre il senso del ridicolo, perché anche i sassi sanno che gli ultimi 55 miliardi tirati fuori da Conte, con effetti per 155 miliardi, nelle casse dello Stato prima non c’erano. Tutto, ma proprio tutto, è stato contestato perché troppo poco, dato tardi o dato male. Con punte comiche, come i mille euro riconosciuti ai medici eroi nella guerra al Covid definiti una “mancetta” perché duemila euro erano meglio, e se la cifra fosse stata questa allora si doveva fare tremila, e così via all’infinito, tanto chi conduce quasi tutti i programmi Rai, Mediaset e La7 non c’è rischio che intervenga per spiegare che anche le fesserie hanno un limite. In questo contesto oggi la Rai toglie la direzione del Tg3 a una professionista che ne ha fatto crescere gli ascolti, Giuseppina Paterniti, per darla a Mario Orfeo (nella foto), già direttore generale della tv pubblica ai tempi di Renzi premier. Un bel segnale a chi sui giornali e in video ci racconta il mondo come vuole la politica e il padrone, a senso unico e senza obiettività, purché non si disturbi il sistema e si assecondi il racconto mainstream, come quello che una manovra da 55 miliardi è una caccola, chi li ha trovati è debole e tra poco cade, i 5 Stelle sono pasticcioni e qui tutto va male pure per madama la marchesa.
Ue, passa la risoluzione per un Recovery fund da 2mila miliardi: sì da Pd e M5s. Centrodestra si spacca: Lega e Fdi astenuti, Fi a favore
Via libera a larghissima maggioranza a una risoluzione in cui si chiede, tra le altre cose, un Fondo per la ripresa finanziato attraverso l’emissione di obbligazioni garantite dal bilancio Ue. Sul Recovery fund c’è anche il sostegno del Parlamento europeo. L’assemblea ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione che chiede, tra le altre cose, un Fondo per la ripresa da 2mila miliardi di euro, finanziato attraverso l’emissione di obbligazioni garantite dal bilancio Ue, aggiuntivo rispetto all’Mff 2021-27. Il documento chiede anche l’introduzione di nuove risorse proprie per finanziare il bilancio comunitario, cosa che consentirebbe di evitare di chiedere troppi contributi aggiuntivi agli Stati membri. Il via libera è arrivato con 505 voti a favore, 119 contrari e 69 astensioni. A sostegno del provvedimento, che in linea generale rispecchia le richieste fatte dall’Italia e dai Paesi del Sud e dalla Francia per affrontare l’emergenza coronavirus, si è espressa tutta l’area di governo italiana: quindi gli europarlamentari M5s e Pd. Si è invece spaccato il centrodestra, confermando di avere una linea non omogenea all’interno della coalizione sugli aiuti necessari per far fronte alla crisi: Lega e Fratelli d’Italia si sono astenuti, mentre Forza Italia ha votato a favore. Una divisione che era in parte già stata annunciata e che conferma le tensioni all’interno della compagine di opposizione.
Gli aiuti del Decreto Rilancio
Il Decreto Rilancio è una mega manovra finanziaria – 55 miliardi di deficit, 150 di stanziamenti; 25 per il lavoro, 15 per le imprese – con provvedimenti che vanno dal sostegno alle imprese con circa 16 miliardi tra contributi a fondo perduto per le più piccole alla capitalizzazione delle più grandi, dallo stop dell’Irap al taglio di bollette e affitti. E poi ci sono i lavoratori, 25,6 miliardi per gli ammortizzatori sociali, rinnovati (con altre 9 settimane di cassa integrazione) o allargati (con i bonus anche per chi non li ha avuti prima). Aiuti per le famiglie e oltre 3 miliardi per la sanità con l’assunzione di quasi 10mila infermieri. E ancora: 1,4 miliardi per l’università e 4mila nuovi ricercatori ed ecobonus al 110% «per ristrutturazioni green» per far ripartire l’edilizia.
La finta crociata di Renzi per i diritti che ha abolito. Da premier cancellò l’articolo 18, ora si erge a paladino dei lavoratori
Teresa Bellanova ha avuto i suoi quindici minuti di notorietà, come profetizzava Andy Warhol, dopo l’esordio in blue elettrico ed è riuscita a portare qualcosa a casa con la “regolarizzazione a tempo” di braccianti, colf e badanti. La questione era bloccata, dopo le aperture di domenica sera, per la giusta opposizione dei Cinque Stelle che non volevano accettare l’ennesimo blitz renziano. Ma – come ha dichiarato Vito Crimi – si è giunti ad un compromesso tra le richieste del ministro per l’Agricoltura e la realtà contingente e quindi sono contenti tutti. I grillini non solo hanno tenuto dritta la barra, ma hanno riportato a più miti consigli Matteo Renzi e i suoi costringendo la Bellanova a dire: “Non c’è chi ha vinto e chi ha perso”, dopo i toni trionfalistici di qualche ora prima. Restano però alcune considerazioni. La prima è: ma in piena emergenza pandemia c’era veramente tutta questa necessità regolarizzatrice? Tutto questo improvviso amore per i lavoratori è ammirevole, ma forse la Bellanova eterodiretta dal senatore toscano, non ha ben capito il partito in cui si trova. Non è stato forse Renzi premier ad abolire una conquista fondamentale dei lavoratori come l’articolo 18 sui licenziamenti?
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